LE RIFLESSIONI DI DON EGIDIO BORELLA

LE RIFLESSIONI DI DON EGIDIO BORELLA

“IL PRETE, LA SUA COMUNITA’ E LA CITTA’ ovvero come un prete cresce con e nella sua città” è il titolo degli “appunti di viaggio interiore” su cui don Egidio Borella si è basato nel suo intervento durante la cerimonia di consegna della Benemerenza Città di Verbania. Il foglio con il testo completo è stato distribuito a tutte le persone presenti in sala e di seguito pubblichiamo integralmente il contenuto nella convinzione di fare cosa gradita  e di offrire spunti di riflessione a chi non ha potuto presenziare:

Quando mi hanno comunicato la scelta, inaspettata e, a mio parere, anche, troppo generosa, da parte dell’Amministrazione Comunale della città di Verbania, della benemerenza della città offerta a me per l’anno 2017, mi sono soffermato a lungo a pensare e, di conseguenza, ho scelto di scrivere un “pro memoria” nella forma di “Appunti di viaggio interiore” per far emergere gli snodi determinanti della mia vita e “raccontarli” condividendoli. Sono certo infatti che se ciascuno decidesse di raccontarsi, crescerebbe il benessere comunitario e saremmo persone più serene e positive. Il “raccontarsi” prevedere una rilettura di fatti e situazioni di vita che diventa occasione per far emergere uno “stile di vita” ovvero un modo di leggere il mondo e la storia con occhi più profondi, fino a cercare di raggiungere l’essenza del nostro essere e del nostro modo di vivere con gli altri.

Inizio a raccontarmi…

In quest’anno ricorrono i miei 35 anni di sacerdozio, di cui 31 vissuti a servizio del Vangelo e della gente di questa città e, in particolare, nel quartiere di Sant’Anna (parrocchia di San Bernardino), che ho visto crescere e che oggi è invecchiato con me, e a Madonna di Campagna e Cavandone, accanto a don Rino Bricco negli anni della sua malattia; senza dimenticare la presenza nella scuola (le scuole medie D. Ranzoni e S. Quasimodo e soprattutto, per tanti anni, presso l’Istituto C. Ferrini e il Liceo B. Cavalieri), a contatto con quelli che, sommati negli anni, sono stati migliaia di adolescenti e di giovani che ho cercato di ascoltare, amare e accompagnare in questi anni della loro esistenza, belli ma zeppi di domande e fatiche.

In questa ricorrenza ho dunque pensato di offrire ai miei amici, parrocchiani e a chi fosse interessato una riflessione sul mio rapporto con la città di Verbania, la mia città di origine familiare e di servizio pastorale, facendo emergere nel mio cuore ricordi di persone, eventi, momenti di vita condivisa nella gioia e nel dolore e osservando, con gratitudine, che il mio essere uomo e prete si è realizzato ed è maturato dentro la quotidianità della vita di questa città, che amo, con la bellezza e la ferialità del suo lago, con l’abbraccio incantevole delle nostre montagne e della regina dei nostri monti, il monte Zeda, ma, soprattutto, negli incontri quotidiani con le persone, soprattutto i giovani ed i poveri che ho cercato di amare e servire con tutto me stesso e dai quali sono stato accompagnato ed educato con immenso affetto nella vita.

In questo tentativo di rilettura del mio rapporto con la città e con le persone che la abitano, dentro il discernimento più ampio su tutta la mia vita di ministero a servizio del Vangelo e della comunità, ho cercato di cogliere dei punti vitali e sorgivi che mi hanno fatto crescere come uomo e come prete e che nutrono ancora oggi la mia vita quotidiana e per i quali dico grazie alla “mia” città di Verbania e alla sua gente. Sono, per usare un’immagine, come dei fili di diverso colore che formano il tessuto della mia vita e del mio stile di essere prete.

Tutto questo lo riassumo in cinque Grazie che dico in modo sommesso ma intenso, dentro la città di Verbania, a diversi ambienti di vita e in essi a tante persone che mi hanno accompagnato ogni giorno… e concluderò con un “mea culpa”, non formale ma dal profondo del cuore, per quello che non sono riuscito ad essere per alcune persone e per coloro che non ho seguito con affetto e disponibilità.

Un GRAZIE alle mie radici trobasesi.

Sono nato a Trobaso e ho vissuto la mia infanzia tra la gente di quel paese, o meglio, come dico spesso, a “Trobaso di sotto”, la parte più popolare di un paese di operai, accanto a mio papà Giovanni, partigiano, socialista, operaio alla Montefibre,e a mia mamma Zellia, donna religiosissima, per anni parrucchiera e poi donna di servizio ed infermiera per le iniezioni a domicilio. Tra queste radici ho respirato – lo dico spesso con piacere – la relazione costruttiva e feconda tra la “Casa del popolo”, il Circolo operaio e la “Chiesa”, luogo della Comunità Cristiana, assaporando già da bambino accanto ai miei nonni Antonio e Rosina al “Convitto” la bellezza di questa frase, che ho scoperto dopo, studiando teologia, di S.Ireneo, e che è stato il motto dell’amato vescovo Aldo Del Monte: “La gloria di Dio è l’uomo vivente – e la vita dell’uomo è la visione di Dio

Un GRAZIE al quartiere di Sant’Anna e alla gente che lo abita.

Il vescovo monsignor Del Monte mi ha mandato a Sant’Anna dopo la metà degli anni ’80, quando il quartiere era in pieno fermento abitativo e cercava ancora una sua identità dentro la città; come dico spesso, è un quartiere popolare, al centro della città con tutte le possibilità e le fatiche di ogni quartiere di questo tipo. Tra questa gente ho riletto con piacere e ho seguito come esempio l’esperienza di umanità e di fede degli inizi della parrocchia negli anni ’50, con la bella figura di don Giuseppe Masseroni, da tutti amato e stimato, e ho cercato di continuare, seppur aggiornandolo alla nuova realtà abitativa e ai tempi storici diversi, lo stesso stile di presenza tra le case e con la gente.

Tra questa gente sono cresciuto in età ma, credo, anche in umanità e nella mia fede, perché, come dico spesso, una comunità cresce con il suo prete e un prete cresce dentro la sua comunità. A questa gente ho dato volentieri i migliori anni della mia vita.

Un GRAZIE alla possibilità offertami di presenza nel mondo della scuola e allo stimolo culturale che mi ha offerto questa esperienza, a volte faticosa, ma di solito ricca di aspetti positivi.

Ho avuto la possibilità di vivere nel mondo della scuola tutti i miei 35 anni del mio ministero di prete, fino ad oggi, ed è stato il mio “lavoro culturale” per guadagnarmi il pane di ogni giorno. Ho incontrato tantissimi preadolescenti ed adolescenti con i quali ho sempre cercato di creare un clima di dialogo e di comprensione e molto spesso – posso dirlo con orgoglio – ci sono riuscito. Nelle mie classi ho sempre cercato di dare il meglio di me culturalmente e anche affettivamente, creando un clima di collaborazione, di dialogo, di ricerca condivisa e di rispetto reciproco.

Per essere al passo con il mio compito di insegnante – educatore, attorno ai 50 anni ho conseguito la Laurea Triennale in Scienze della Formazione presso l’Università Cattolica di Piacenza. Tale scelta è stata impegnativa, ma mi serve moltissimo per il mio servizio nella scuola ma anche per l’attività pastorale.

Ho cercato di coltivare il rapporto con i colleghi delle varie discipline e con le famiglie dei ragazzi, traendone frutti molto belli per la mia vita.

Tutto questo ha stimolato il mio interesse culturale per ridire il Vangelo nella cultura e nella storia di oggi. Ancora oggi cerco di camminare in questo stile di dialogo con la cultura e nello scambio fecondo con varie persone che hanno pensieri e prospettive di lettura della realtà diverse dalle mie, perché sono convinto che la differenza, accettata positivamente, arricchisca la mia vita e porti come frutto alla convivenza fraterna con tutti.

Un GRAZIE alla passione per la montagna che ho sempre cercato di coltivare.

La mattina, quando esco di casa e la giornata è tersa, vedo da lontano il Piancavallone con il Rifugio, il Pizzo Marona e, appena dietro, il Monte Zeda, con la croce che quest’anno festeggia il 25° di collocazione, per una bella e generosa intuizione dell’amico Roberto Caretti, e il mio pensiero si manifesta con un grazie al Signore per la bellezza del nostro territorio.

Potrei raccontare tantissimi momenti e il fascino delle bellezze incontrate nel mio camminare in montagna, sempre con amici, ma riassumo quello che ho scoperto e che mi è servito per il mio ministero con due frasi, a me molto care. Le cito senza commentarle, tanto sono belle e chiare. La prima l’ho letta presso l’Ospizio del Gran San Bernardo in Valle d’Aosta: “Qui Cristo è nutrito e adorato”… C’è tutto il senso di una vita religiosa “ospitale”.

La seconda è la parte finale de “La preghiera del Pellegrino della montagna” di padre G. Volluz, priore all’Ospizio del Sempione: “O Padre, mi creasti per amore, per amare, fa che io cammini, che io salga dalle vette verso di Te, con tutta la mia vita, con tutti i miei fratelli, con tutto il creato nell’audacia e nell’adorazione. Amen”… Riassume il senso e lo stile della mia vita.

Il camminare in montagna, la fatica condivisa per una mèta, la contemplazione del creato, l’ascolto del silenzio di luoghi incantati, l’ospitalità dei rifugi, la condivisione del pane e del vino, l’essenzialità dello zaino e tante altre cose hanno forgiato il mio modo di vivere.

Un GRAZIE per tutte le persone che ho accolto in casa e che mi hanno accolto nella loro vita.

Da diversi anni ho aperto la mia casa, la casa parrocchiale, all’accoglienza di tutti e soprattutto delle persone sole che cercano un sostegno, anche solo momentaneo, e desiderano “fare casa e famiglia”. Da loro ho imparato molte cose per la mia vita, e ogni giorno ringrazio Dio per queste presenze che sono oramai parte della mia famiglia. Ne elenco i nomi: Gino, Cioli, Nicola, Guly…e con loro tanti altri che insieme ad alcuni amici e collaboratori accogliamo e ospitiamo con amore, anche solo per un momento conviviale e fraterno serale.

Concludo, come è giusto, ammettendo anche i miei limiti personali, le mie negligenze, e per chi crede, i miei peccati, soprattutto nell’amore verso tutte quelle persone che avrei dovuto seguire e ascoltare di più nel mio ministero. Per tutto questo mi abbandono alla benevolenza di tutti e in modo particolare di chi ho offeso, trascurato, non amato abbastanza e, in modo definitivo, alla misericordia di Dio, che conosce i cuori e legge la nostra vita in tutte le sue pieghe, con le luci e le ombre.

Grazie ancora e, come dice la Bibbia, che “Dio vi benedica e faccia splendere il suo volto su tutti voi,  sulla nostra città e doni a tutti pace e prosperità”.

benemerenza don egidio borella

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