STAGIONE AL VIA PER LAMPI SUL LOGGIONE

STAGIONE AL VIA PER LAMPI SUL LOGGIONE

Dedalo e Icaro è lo spettacolo d’apertura della stagione n. 38 di “ Lampi sul loggione” sabato 18 gennaio ( ore 21) allo Spazio S.Anna.  In scena una delle tante varianti dell’autismo: l’incapacità d’interagire, di articolare pensieri e suoni, di dare un senso comunicativo a gesti e movimenti. E’ uno spettacolo realizzato dal Teatro dell’Elfo e dalla compagnia milanese Eco di Fondo, un esempio di collaborazione artistica oltre che produttiva: Giacomo Ferraù e Francesco Frongia firmano la regia, Tindaro Granata è autore della drammaturgia che traduce sulla scena il lungo lavoro di approfondimento sul tema dell’autismo, condotto attivamente dagli artisti attraverso incontri con operatori, medici, genitori, bambini e ragazzi autistici. Sul palco i bravi attori di Eco di Fondo: Giacomo Ferraù, Giulia Viana, Libero Stelluti, Vincenzo Giordano;  luci Giuliano Almerighi; scenografia Stefano Zullo; assistente alla regia tirocinante Pietro Mauri.   Per i non abbonati  biglietti a € 20 riservabili sul sito www.spaziosantanna.it

“Dedalo e Icaro” nasce in un silenzio lunare. La scena come un recinto. Calma amorfa. Voci remote come di astronauti nello spazio. Timidi bagliori nel buio. Creature incerte incedono in un non luogo deserto. Lenzuola bianche avvolgono vecchi mobili. Così si sente un familiare alle prese con una persona autistica: come un relitto in balìa delle onde. Spoglio dei sentimenti propri e altrui. Senza l’emozione del contatto o del gioco. Senza la chance di una vita orientata a obiettivi tangibili. Senza la gioia di un sorriso, di un contatto oculare. L’autismo è un muro di gomma. “Dedalo e Icaro” evoca il bisogno d’amore di un padre verso il figlio. Traccia lo sconforto di fronte all’enigma. Vincenzo è un padre che non vuol saperne di arrendersi. Il suo non è ottimismo ma accanimento. È rabbia, irragionevolezza titanica. Assistiamo, nel dipanarsi della storia, alle lacerazioni dettate dall’incomunicabilità. L’autismo è intrico senza uscita. Non resta che guardare il cielo. Il sole brucia, eppure traccia una speranza. Vincenzo vorrebbe dotare il figlio Giacomo di ali robuste. Vincenzo lotta con la moglie Giulia e l’altro figlio Libero. Prova a unire le forze. Si batte contro la diffidenza, il sospetto, i pregiudizi, la commiserazione. Gli accessi d’ira di Vincenzo sono urla di frustrazione, sono le grida impotenti di chi ha paura. Ma lui non si rassegna. Ma il centro della pièce è Giacomo, Icaro dalle ali sguarnite, in bilico, sull’orlo, sempre sul punto di precipitare. Giacomo Ferraù dà spessore a una performance sofferta, muta, disarticolata. Giacomo è astronauta senza navicella. Oscilla tra calma apparente e nevrosi. E’ magma pronto a eruttare. Un mix d’apatia e aggressività sembra disperdere gli sforzi di chi lo circonda. “Dedalo e Icaro” è uno sguardo poetico, delicato, sulla diversità che ci riguarda. Sotto le maschere siamo tutti inermi. Sarà per questo che i nomi dei personaggi in scena coincidono con quelli degli attori. Eppure si può imparare ad amare. Si può imparare a volare. Per uscire dal labirinto. A costo di bruciare. Col rischio di cadere. 

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