La frazione di Cavandone celebra questa settimana la festa patronale della Natività di Maria Vergine e la ricorrenza si lega quest’anno a una singolare circostanza storica e artistica. Durante la messa che sarà celebrata alle ore 11 di domenica 11 settembre, nella chiesa parrocchiale della frazione verbanese sul Monterosso farà la comparsa su una parete e verrà presentato un ex voto risalente al lontano 1736 recentemente ritrovato e sistemato. Siamo soliti vedere abitualmente come ex voto piccoli quadretti che illustrano l’evento oggetto della grazia, ma nel caso in questione il primo elemento che rende il dipinto ad olio raro ed interessante sono le sue notevoli dimensioni (100×72), segno che il committente ha voluto qualcosa d’importante che ne riflettesse lo stato sociale, tanto più che l’autore è un pittore abile di medio-alto livello. L’opera pittorica è stata riparata da una lacerazione della tela e alcuni graffi a cura dell’avvocato torinese Silvio Chiaberto e dalla moglie Diana Casavecchia, titolare della galleria l’arte “La Conchiglia” nel capoluogo piemontese. La coppia, che nella propria casa di Cavandone trascorre le vacanze, non è nuova a significativi interventi tra cui la valorizzazione e il recupero di altre opere d’arte e la sistemazione dell’archivio parrocchiale. Anche la cornice è stata restaurata e ridipinta con un colore simile a quello che si è trovato ad opera di Elide Turri Cantova.
Per quanto concerne l’interesse della rappresentazione dipinta, in basso alla quale si legge “Gratia ricevuta 1736”, ecco quanto ci precisa Silvio Chiaberto:
Un uomo inginocchiato e a mani giunte si volge verso la Madonna con in braccio il Bambino: l’una e l’altro tendono un Rosario. L’orante è vestito di un soprabito di colore marrone con il risvolto alle maniche, ornato da tre bottoni. La chiusura del soprabito ha una sequenza di bottoni; veste poi una camicia candida, chiusa al collo da un morbido nodo, il bordo delle maniche fuoriesce da quelle del soprabito; i pantaloni dovrebbero essere scuri, ma ora sono poco leggibili. Senza dubbio quindi il protagonista umano non deve essere appartenuto ad uno stato sociale di poca importanza. Tenuto conto che il quadro era appeso alla parete lungo la scala che immette ora nella sala-deposito posta in alto dietro l’abside della chiesa, ma un tempo sede della confraternita del Rosario in uno con la scena rappresentata, il personaggio era un confratello della stessa.
Sul pavimento presso le ginocchia dell’uomo giace un’arma:potrebbe essere , a prima vista un lungo pugnale, ma l’impugnatura preziosa, sia come materiale che come fattura, pare poco adatta a supporre uno scampato attentato. Allora per mezzo dell’esame delle proporzioni del corpo dell’uomo e la misura dell’arma dipinte, si può giungere ad altra conclusione. Dal collo alle ginocchia la misura è di 28 cm, l’arma è di 13 cm, di cui 3 per l’impugnatura. Tenuto conto che dal collo alla vita la misura deve essere per regola anatomica la metà del complesso collo- ginocchia, cioè di cm 14, se si dovesse immaginare l’arma al fianco dell’uomo, si dovrebbe constatare che penderebbe dalla cintura per 10 cm.( i 3 cm rimanenti sono al di sopra della cintura). E’ dunque verosimilmente lo spadino che ogni nobile poteva portare come segno del suo rango: è stato posto a terra quale segno di umiltà e sottomissione.
La data 1736 precede di un anno l’erezione a parrochia della chiesa di Cavandone, mentre la confraternita già esisteva dal 1701. Chi potrebbe essere il personaggio che ha ottenuto una grazia? Un’ipotesi probabile ci conduce a pensare ai signori di fatto di Cavandone, cioè a un membro della famiglia Cantova. Un ulteriore passo suggestivo è che proprio che in quel 1736 un Giuseppe Cantova fu Carlo di Intra dona terreni del valore di £ 4000 ai Cavandonesi, perchè li girino al prossimo primo parroco, come dotazione parrocchiale, gesto che fra l’altro induce il cardinale Gilberto Borromeo, vescovo di Novara, a erigere finalmente la chiesa di Cavandone a parrochia. Non vi è prova naturalmente che questo Cantova sia lo stesso del quadro, per la coincidenza della donazione, tanto più che nella dichiarazione di donazione, la motivazione è “pro miseratione”degli uomini di Cavandone.
Purtroppo non sono stati rinvenuti al momento documenti dell’epoca dell’archivio della Confraternita, ma ciò apre la porta a nuovi studi di storia locale che potrebbero risolvere il problema.

