IL NATALE: STORIA, ORIGINI, TRADIZIONI E PANETTONE

IL NATALE: STORIA, ORIGINI, TRADIZIONI E PANETTONE

Grazie alla preziosa collaborazione con il grande maitre verbanese Claudio Recchia, condividiamo questo articolo con “Ristorazione & Ospitalità”, organo ufficiale dell’Amira – Associazione Maitres Ristoranti e Alberghi.

Claudio Recchia risiede con la famiglia a Intra e riconoscimenti di grande prestigio a livello nazionale consentono di qualificarlo il ‘re” dei maitre italiani.  Gli sono stati assegnati quelli che possiamo definire gli ‘Oscar” della ristorazione. A cura di Solidus, colosso che raggruppa le maggiori associazioni professionali del mondo dell’ospitalità, ha ricevuto a Firenze il riconoscimento di ‘Professionista dell’anno 2006” di fronte a operatori, delegati e giornalisti di tutte le regioni italiane.  Al Savoy Beach Hotel di Paestum è stato nominato “Gran maestro della ristorazione italiana” dall’Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi. La carriera di Recchia è ricca di grandi soddisfazioni a livello nazionale e internazionale. Nel 1995 vinse il ‘Papillon d’or” come miglior maitre di tutta la Svizzera,  poi altri premi di assoluto livello come il ‘Tartufo d’oro” a Gubbio, riconoscimenti, presenze televisive. Diplomatosi al Maggia di Stresa, Recchia ha perfezionato la preparazione lavorando in Inghilterra, Germania, Francia, prima di diventare Direttore della ristorazione al Grand Hotel Principe Leopoldo & Residence di Lugano della catena ‘Relais e Chateaux”, già definito ‘Hotel of the Year” da GaultMillau. Lo staff dell’esclusivo Hotel è stato insignito del prestigioso ‘Star Diamond Award”, conferito dall’organizzazione ‘The American Academy Hospitality Sciences” che da anni premia l’eccellenza nel settore della ristorazione, dell’ospitalità e del lusso, e a ricevere l’importante riconoscimento come guida dello staff è stato proprio Recchia, primo maitre e sommelier alla guida del ristorante gastronomico dell’hotel, da oltre 21 anni uomo di punta di Villa Principe Leopoldo.

Il Natale: storia, origini, tradizioni e panettone

Storia e origini

Il Natale è la principale festa dell’anno, costituita da una serie di festeggiamenti che partendo dal solstizio d’inverno arrivano fino all’Epifania. Feste che nella tradizione popolare erano legate alla chiusura di un ciclo stagionale ed all’apertura del nuovo ciclo. La festa appartiene all’anno liturgico cristiano, in cui si ricorda la nascita di Gesù Cristo, che nella Cristianità occidentale cade il 25 dicembre, mentre nella Cristianità orientale viene celebrato il 6 gennaio.

La tradizione cristiana si intreccia con quella popolare e soprattutto contadina, perché ricordiamo che prima della festa cristiana, in questo periodo c’erano una serie di ricorrenze e riti legati al mondo rurale. Nell’antica Roma dal 17 al 24 si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, ed era un periodo dove si viveva in pace, si scambiavano i doni e si facevano sontuosi banchetti. Tra i Celti invece si festeggiava il solstizio d’inverno. Nel 274 d.C. l’imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si festeggiasse il Sole. È da queste origini che risale la tradizione del ceppo natalizio, ceppo che nelle case doveva bruciare per 12 giorni consecutivi e doveva essere preferibilmente di quercia, un legno propiziatorio, e da come bruciava si presagiva come era l’anno futuro. Il ceppo natalizio nei nostri giorni si è trasformato nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi e strade; quindi il Natale dei nostri giorni deriva sia da tradizioni borghesi del secolo scorso sia da simboli e usanze di origine pagana e cristiana. Il Natale è anticipato dalla vigilia, che dovrebbe essere una giornata di digiuno e di veglia per prepararsi in vista dei festeggiamenti.

Tradizioni e panettone

Ingrediente per molti irrinunciabile della formula “Natale all’italiana”, il panettone è uno dei più tipici dolci nostrani. Un dolce rustico – nato dalla cucina povera, ma grato anche al raffinato gusto dei ricchi – che ha alle spalle una lunga storia, strettamente intrecciata alla leggenda e (non lo dice, forse, la parola stessa?) unita a quella del pane, alimento da sempre carico di valori simbolici, presso tutti i popoli e tutte le religioni. Lodovico Antonio Muratori, storico e letterato del 600, riferisce che già intorno al 1000 c’era, in Lombardia, un’usanza rigorosamente rispettata: prima del grande pranzo natalizio il capofamiglia, ripetendo i gesti di un antico rito pagano, versava sul ceppo acceso vino e bacche di ginepro e poi divideva tra i familiari riuniti attorno al grande tavolo un grosso pane, segno dei vincoli esistenti fra loro Era, in versione più “domestica”, un richiamo ai sacrifici seguiti dai banchetti. E il grosso pane, o “pangrande”, veniva in questa occasione preparato con cure particolari, per poi comparire in tavola più come simbolo che come cibo.

Lo stesso avviene, da secoli, per il panettone. Il suo antenato – una sorta di morbida e profumata focaccia, larga e schiacciata – nel Medio Evo veniva regalato dai fornai ai clienti più affezionati, in vista delle festività di fine anno così cariche (ancora oggi) di forti richiami ai riti familiari. E il panettone è rimasto una specialità dei fornai e delle “offellerie” (da “offella”, cioè focaccia) del nostro Paese fino all’inizio del 900, quando qualcuno ebbe la felice intuizione di cominciare ad esportarlo. Cosa che si continua a fare, con grande successo, perché l’industria dolciaria italiana ha fatto conoscere il panettone in tutto il mondo, nel frattempo trasformandolo da protagonista del “bianco Natale” in prodotto buono in ogni stagione dell’anno e da mangiare in qualsiasi occasione. Su quello che un tempo non troppo lontano era esclusivamente un ospite tradizionale delle mense imbandite per le festività di fine anno sono fiorite, nel corso degli anni, numerose leggende. È molto probabile che il suo nome sia nato, semplicemente, come accrescitivo di “panett” (cioè pagnotta) per indicare un pane più grosso del solito. Secondo alcuni, però, deriverebbe invece da “pan da Toni”, dal nome del ragazzo che l’avrebbe ideato, intorno al 144, alla corte di Ludovico Sforza detto il Moro. Un altro mito, più romantico, attribuisce l’idea di arricchire il pane di tutti i giorni (con uva sultanina, burro, canditi, tuorlo d’uovo e zucchero) al nobile Ughetto degli Atellani. Nel 1490, innamoratosi della bella fornaia Algisa, per starle vicino si finse garzone e si fece assumere presso lo stesso forno, dove per conquistarne il cuore inventò il panettone.

Fin dalle sue lontane origini medievali, il cammino del panettone è sempre proseguito nel solco della tradizione: se “fatto scrupolosamente colla antica ricetta ambrosiana” prevede l’impiego di “burro naturale di panna, uova fresche, fior di farina, cedro candito, uva sultanina, zucchero biondo”. Ed è, ovviamente, “senza surrogati e senza essenze”. Soltanto in tempi abbastanza recenti questo percorso lineare ha subito qualche variante, indirizzata ai più ghiotti che lasciando libero corso alla loro fantasia, già avevano cominciato a ricoprirne la cupola con cioccolato o riempirne il cuore con creme, zabaione, panna montata, mascarpone, liquore o altro ancora. Di queste iniziative poco ortodosse si è poi fatta carico l’industria che, mantenendone intatta la forma, ha iniziato a preparare il panettone anche in versioni “rivedute e corrette”. Varianti certo più golose, ma lontane dalla sapiente semplicità antica, che comunque non hanno scalfito la supremazia dei tipi tradizionali privi di arricchimenti vari e costosi. Infatti, questi restano i preferiti: il tentativo di convertire il panettone in qualcosa di più “raffinato” non sembra, almeno per ora, sostanzialmente riuscito. Qualcosa, e con maggior successo, è cambiato pure nel campo delle confezioni. Oggi si presentano assai più fantasiose e in commercio non si trovano più soltanto il classico astuccio cartonato o l’economica (anzi, quasi spartana) bustadi cellophane. Nelle luminose vetrine allestite per il periodo festivo c’è anche un’ampia gamma di carte stampate, contenitori in plastica metallizzata, raffinate scatole-regalo di latta (spesso, oltre al panettone, ospitano anche pasticcini e bottiglie di spumante) che, con motivi e colori indovinati, possono ancora rievocare atmosfere suggestive. E dal punto di vista nutrizionale, che dire del panettone? Non tenendo conto di eventuali aggiunte dovute al proprio gusto personale, il panettone tradizionale ha queste caratteristiche: presenza del 26,9% di acqua, 6,4% di proteine, 10,4% di lipidi (cioè grassi), 53,1% di glucidi (cioè zuccheri). È dotato, quindi, di un notevole potere calorico: 100 grammi forniscono, secondo le tabelle dell’Istituto Nazionale della Nutrizione, ben 334 calorie. Il che, in certi casi, ne rende sconsigliabile il consumo.

Claudio Recchia

 

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