LINCIO: OCCORRE UN PROTOCOLLO DI INTERVENTO PER LA GESTIONE DEL LUPO

LINCIO: OCCORRE UN PROTOCOLLO DI INTERVENTO PER LA GESTIONE DEL LUPO

Premesso che nell’ambito della tutela della fauna selvatica la conservazione svolge un ruolo fondamentale ma altrettanto fondamentale risulta essere la “gestione”  in senso più completo, comprensiva di tutte le ricadute sugli ecosistemi complessi e sulla convivenza con le attività antropiche, il presidente della Provincia del Vco Arturo Lincio interviene per sollecitare un “protocollo di intervento” finalizzato alla gestione dell’impatto del lupo. In sostanza misure di contenimento costituiscono una necessità, tenuto conto di problemi in stato di degenerazione e dei dati recenti sulla predazione.

Il protocollo deve prevedere, in deroga alla salvaguardia della specie lupo protetta, una modulazione di interventi ben specificati che possano essere autorizzati in funzione della predazione e dei problemi di ordine pubblico nei casi di avvicinamento dei branchi ai centri abitati. Devono inoltre essere sempre consentite agli allevatori azioni di difesa delle greggi con idonee misure dissuasive, compresi gli spari non letali. È questo un sostegno che lo Stato italiano deve garantire agli allevatori di montagna seguendo il percorso compiuto nel rispetto delle normative europee (Wolf Alps, Natura 2000, ecc.) da altre nazioni che nel caso dei grandi predatori hanno previsto e costituito nuclei di intervento specifici che studiano per le Amministrazioni pubbliche le tecniche di difesa nei casi di attacchi e le reazioni dei lupi alle misure dissuasive al fine di adeguare queste ultime secondo le necessità.

È necessario passare ad un controllo delle problematiche in evidente stato di degenerazione. Per evitare che anziché dissuadere i lupi dal presentarsi nei centri abitati si dissuada ad effettuare le segnalazioni delle predazioni. Ciò fa ritenere i dati neppure sempre attendibili. La Regione Piemonte, a differenza di altre regioni , ha demandato negli anni passati in toto ai Parchi la gestione dei progetti lupo (con i relativi finanziamenti europei, l’organizzazione del monitoraggio, la raccolta dei dati sulle presenze e sulla distribuzione nonché sull’impatto sulle attività antropiche della specie ). Visti i risultati del controllo dei Grandi Carnivori, va richiesto un approccio diverso rispetto al passato ai fini della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Il risultato della “predazione nel 2019” nella nostra Provincia lascia allibiti. I dati disponibili sono quelli forniti dal sevizio veterinario dell’Asl che si limitano alle predazioni “segnalate” su animali domestici mediante le modalità previste dalla Regione. Restano sconosciuti tutti i dati relativi alle predazioni sugli animali selvatici che costituiscono il tassello fondamentale per una visione di insieme obiettiva della problematica. È un chiaro esempio della incongruente modalità di organizzazione delle indagini. L’elefante ha partorito il topolino : si tratta di dati che ignorano il problema della sicurezza che inevitabilmente il lupo porta con sé, che non tengono conto del coinvolgimento del ruolo istituzionale dei Sindaci e che non sono neppure utili per l’obiettivo risarcimento dei danni. Ciò non sminuisce l’importanza del servizio svolto da Polizia Provinciale e Guardiaparco nell’esecuzione dei compiti loro dettati dai funzionari regionali che sono responsabili delle modalità del progetto Wolf Alps dettate negli anni passati , differenti da quanto attuato con altra attendibilità in altre Regioni con lo stesso progetto Wolf Alps.

Un Protocollo di intervento operativo con le Prefetture e i Carabinieri Forestali potrebbe garantire un più ampio sguardo sulla problematica e sugli interventi di controllo (radiocollari) e di dissuasione da concertarsi con ISPRA, Ministero dell’Ambiente ed Associazioni agricole per una controllata diffusione della specie lupo capace di garantire, a differenza di oggi, la concreta tutela delle attività della montagna a garanzia del loro sviluppo.

Alle Province, chiamate ad esprimersi nelle consultazioni alle Leggi Regionali, spettano le considerazioni in merito alla applicazione delle norme e alla necessità di una loro rivisitazione ed è quindi sulle norme che la Provincia si concentra.

Queste vanno valutate con maggior senso di responsabilità visti i rilevanti effetti sulle attività economiche delle zone più disagiate e già afflitte dall’esodo. E’ il caso degli allevatori sugli alpeggi. Non tenendo in giusto conto le problematiche concrete si legittimano i dubbi sulla efficienza ed efficacia delle regole.

Ciò per voler ignorare che uno sconquasso indotto dal lupo, senza la capacità del relativo controllo (piani di gestione delle specie) genera ripercussioni nell’equilibrio dell’ecosistema. E’ una ulteriore motivazione per cui tali norme non possono essere monopolio di “interpretazioni da specialisti” né devono prescindere dalle valutazioni che ne devono fare i Sindaci e le rappresentanze sociali ed economiche degli agricoltori e degli operatori dei territori coinvolti. Inoltre , a causa della drastica diminuzione del personale degli uffici provinciali , più che dimezzato nell’arco degli ultimi anni, l’Amministrazione Provinciale si trova obbligata a rivalutare l’impegno in tutte le sue attività istituzionali compreso l’ambito di supporto a progetti in capo ad altri Enti.

Atteso che i Comprensori Alpini di Caccia hanno maturato una importante esperienza nel censimento, non solo della fauna cacciabile ma anche della fauna selvatica non cacciabile, abbiamo chiesto alla Regione Piemonte di poter coinvolgere, a titolo gratuito, i Comprensori, ottenendo dalla nuova Giunta Regionale risposta positiva.

Come previsto dalla Regione la Provincia è pronta ad attivare un corso di formazione specifico sul monitoraggio del lupo per chi dovrà operare in tal senso.  L’emergenza Covid-19 ha solo ritardato l’avvio. Il censimento è fondamentale per affrontare il tema del contenimento.

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata.