Non possiamo che registrare e condividere parecchie segnalazioni dei nostri cittadini sul Piano asfalti, voluto e avviato in questi giorni dalla Giunta di Verbania. Così inizia il comunicato diffuso da Imerio Frattini pert il Gruppo Territoriale MoVimento 5 Stelle Vco sui lavori in corso lungo le strade cittadine dopo che il sindaco Giandomenico Albertella ha annunciato nell’ultimo consiglio comunale la messa a disposizione di 650.000 euro per il suddetto Piano asfalti di Verbania, ricordando che la precedente Amministrazione ne aveva previsti solo 500.000 e aggiungendo di arrivare a 900.000 entro l’anno per una manutenzione straordinaria di sistemazione delle strade cittadine trovate in condizioni disastrose. Ma lo svolgimento dei lavori suscita diffuse critiche, come segnalano anche alcuni lettori, e il comunicato del M5S così prosegue:
Non possiamo che condividere l’ironia dei post pubblicati sui social, in quanto, osservando quanto fin qui fatto, notiamo che gli interventi vengono effettuati a “macchia di leopardo”, ovvero con il rifacimento solo di parte del manto stradale, senza toccare le restanti parti, con l’esito che, buona parte delle buche vengono realmente sistemate, mentre altre restano esattamente come erano prima. Inoltre, segnaliamo che sulla pista ciclabile, da Villa Taranto all’Hotel Majestic, nelle zone dove è stato rifatto l’asfalto, (inavvertitamente?) sono state asfaltate anche le opportune e utili segnalazioni luminose a led “segna passo”. Ci viene quindi il dubbio, non sull’operazione in sé (che consideriamo comunque lodevole), ma che il metodo di programmazione utilizzato, invece di avere l’intento di sistemare realmente le buche, sia quello, più propagandistico, di dimostrare che, questa Giunta, interviene e sistema ciò che prima era lasciato all’incuria: ma se un automobilista, un motociclista o, peggio un ciclista, incappa in una buca, tra quelle rimaste, non gli importa che buona parte delle buche siano state sistemate, ma che quella buca, in cui è incappato, NON è stata sistemata. Riprendendo lo slogan citato più volte da Albertella in consiglio comunale e aggiornandolo, diciamo FATTI “MALE”, NON PAROLE.
NELLA FOTO Imerio Frattini


Assolutamente vero. Ridicoli!
Non mi capacito di come la società incaricata abbia potuto accettare un lavoro del genere. Relativamente al via che porta all’Eden vorrei poi segnalare come la cunetta a lato della strada sia stata anch’essa quasi completamente riempita.
Basta mediocrità!!!!!!!!
L’idea di una pista ciclabile lungo la litoranea di Verbania, un tempo considerata un’anomalia, nacque dal sogno di un visionario: Marco Parachini. Una striscia d’asfalto dove le auto sfrecciavano, sorpassate da moto che affrontavano la curva dell’Eden in quello che sembrava il preludio verbanese al Tourist Trophy.
Fu proprio Marco Parachini a dire basta, ideando la prima pista ciclopedonale del lago. Un progetto privo di confini fisici, dove ciclisti e pedoni avrebbero dovuto convivere armoniosamente con le auto che viaggiavano in senso opposto. Ma la realtà, come spesso accade, non si piega alla ragione. L’ordinanza che limitava la velocità a trenta chilometri orari era un sussurro nel vento, ignorato dalla fretta quotidiana e dall’incoscienza che, soprattutto di notte, era sempre in agguato.
La risposta arrivò come un’illuminazione, in senso letterale. L’installazione di marker stradali fotovoltaici a LED carrabili sembrò la soluzione perfetta. Piccoli, ma visibili punti di luce, destinati a tracciare un confine invisibile ma evidente tra i due mondi. Il progetto, finanziato dalla Regione Piemonte tramite il bando “piste ciclabili sicure,” aveva la grazia di un’intuizione geniale.
Ci fu anche l’errore che divenne poesia
L’installazione, però, ebbe un che di ironico. L’appaltatore, forse per eccesso di foga o per un’incomprensione, posò dei marker lampeggianti. L’effetto fu inaspettato: una danza intermittente e asincrona di luci che, anziché segnare un confine, sembrava suggerire il ritmo di una discoteca a cielo aperto, del tutto fuori luogo nel decoro urbano di Verbania. Fu un errore, certo, ma un errore che ebbe la dignità della poesia. Un attimo di sublime caos, prima che la fornitura corretta ponesse rimedio, sostituendo i marker con quelli fissi e bifacciali, come previsto.
Il risultato fu un successo. Quei punti di luce, posizionati ogni tre metri, disegnavano nella penombra serale una linea di separazione che non si imponeva con la forza di un cordolo, ma con la persuasione di un faro. Separavano senza dividere, indicavano senza urlare. Non era solo un successo tecnico, ma anche estetico: un piccolo trionfo del design urbano.
Ma ogni storia ha il suo epilogo. E questo, purtroppo, non è degno di un’idea così brillante. I marker, un tempo così luminosi e promettenti, sono stati inghiottiti dall’asfalto. Quelli ancora in superficie sono stati soffocati dall’emulsione bituminosa. Destinati a brillare ben oltre cinquantamila ore, avevano accompagnato i passi notturni, offrendo sicurezza a pedoni e ciclisti.
Non posso accettare che la storia di illuminazione e oscurità del “miglio d’oro di Verbania” finisca così.
Ciao, Marco.