I Carabinieri della Stazione di Stresa hanno posto i sigilli a 7 centri massaggi orientali, di fatto adibiti a case di prostituzione, denunciando 6 persone ed arrestandone una, tutti titolari delle suddette attività. I Carabinieri avevano svolto numerosi servizi di osservazione presso un centro massaggi orientali a Baveno, per poi allargare gli accertamenti anche ad altri centri della provincia, identificando numerosi clienti e raccogliendo inequivocabili elementi di prova sull’attività di prostituzione che si celava dietro la facciata dei massaggi orientali. Nel pomeriggio di ieri 35 Carabinieri del Comando Provinciale di Verbania hanno dato esecuzione a un decreto di perquisizione emesso dal PM titolare dell’indagine, dottor Periani, presentandosi contemporaneamente in 7 centri massaggi, 3 ubicati a Verbania, 2 a Domodossola uno in Omegna e uno a Baveno. All’interno, oltre ai titolari delle attività, sono state sorprese alcune ragazze addette ai “massaggi” e anche un cliente intento a consumare una
prestazione sessuale. In particolare, in un centro massaggi di Domodossola, ove tra l’altro lo scorso 10 marzo era deceduto per cause naturali un cliente proveniente dalla Svizzera durante la “prestazione”, è stata arrestata in flagranza la titolare, 40enne di nazionalità cinese, poiché sono emerse nei suoi confronti inequivocabili responsabilità in ordine all’organizzazione dell’attività di prostituzione, per la quale riscuoteva i compensi dai clienti e pianificava gli orari di lavoro delle ragazze. La donna arrestata è stata condotta al carcere femminile di Vercelli, mentre per gli altri 6 titolari dei centri massaggi è scattata la denuncia in stato di libertà. Nel corso delle perquisizioni i Carabinieri hanno accertato che all’interno delle citate strutture le ragazze, tutte di nazionalità cinese, erano costrette dai titolari a prostituirsi e a soggiornarvi in via continuativa, potendo uscire solo per svolgere alcune commissioni. Sequestrati oltre 10.000 euro e 1000 franchi svizzeri in contanti, numerosi apparati telefonici probabilmente utilizzati per gli appuntamenti e la gestione dell’attività illecita, oltre numerosi strumenti e materiale vario per le pratiche sessuali. Pesanti i reati ipotizzati, che vanno dal favoreggiamento allo sfruttamento della prostituzione, con pene fino a 12 anni di reclusione. Al vaglio della Procura di Verbania anche la possibile sussistenza del reato di riduzione in schiavitù.
Possibile che nel 2024 in Italia non si possa legalizzare come in tutta Europa la prostituzione ?
Ma vergognati e trovati un hobby decente.
Oracolo di Intra ha ragione, legalizzare il mestiere più antico del mondo vorrebbe mettere alla luce del sole introiti in nero e quindi far pagare le tasse, vorrebbe dire togliere alla malavita organizzata una fonte di guadagni illecita a beneficio di tutti i coinvolti nel giro, fruitori e, sopratutto, chi da questo sistema è sfruttato. Chiudere gli occhi e soprassedere è sintomo di “ignoranza”……..
eh no tra preti e comunisti non si può! ;))
sono un grande Comunista e un grande putt@niere, le due cose non vanno daccordo? Forse che dalla tua parte hanno gusti differenti?
Certo che i Suoi interventi da “egli” stanno passando il limite dello schifo. O forse lo hanno già fatto. Ma non si vergogna?
La vergogna è una emozione che si prova quando ci si mette in discussione nei confronti del prossimo, quando ci si sente inadeguati. Non credo che postare un commento ilare, una battutina abbastanza leggera in un contesto adeguato mi porti a provarla. Piuttosto è peggio il non saper interpretare concetti elementari e non saper rispondere adeguatamente, dimostranto molta approssimazione.
In realtà era la lega l’unica che voleva legalizzarla. La sinistra italiana nettamente contraria. Figuriamoci le femministe!
Come sempre tutti falsi moralisti in Italia ,poi sono tutti in coda i padri di famiglia verbanesi all’Oceano The Club – Locale Notturno storico in Ticino 🙂
Sinceramente posso essere d’accordo con una legislazione che porti a questo. In realtà circa la metà dei paesi UE ha leggi in tal senso, e non tutte uguali. Anche in CH si è avuto un ripensamento data l’incidenza della criminalità specie balcanica che aveva preso il controllo degli affari “a luci rosse”. I Paesi Bassi idem, in sostanza non esistono più i quartieri dedicati all’attività. Purtroppo la criminalità riesce comunque a inserirsi, anche se la cosa viene più o meno legalizzata. Per quanto riguarda i falsi moralisti vale per tutti, specie a sinistra. La proposta di legalizzare la prostituzione, da una ricerca che ho svolto, era stata presentata nel 2013 dal centrodestra. Poi, dato che era “offensiva” e poteva portare allo “schiavismo delle donne”, certi ambienti progressisti, e non solo conservatori, l’hanno affossata.
In realtà sono molto confuso, “Dio? riguardo l’argomento…. eh beh….. cosa dire? “patria”? stiamo ragionando su altro, questo è l’ultimo degli argomenti…… “famiglia”? non ci siamo…… di cosa stavamo disquisendo?
Rimpiango il vecchio amico Sinistro. Se sei tu sarebbe davvero brutto
Ah, i leoni da tastiera! Chi non ne ha mai incontrato uno nell’arena virtuale dei forum online, dei social network e delle sezioni commenti di qualsiasi articolo che abbia più di due righe? Figure ormai onnipresenti nel panorama digitale, nascoste dietro l’anonimato del web, vomitano insulti gratuiti, minacce e offese, incuranti del dolore che possono causare. Il leone da tastiera predilige le zone ombrose, celandosi dietro avatar improbabili o nomi utente criptici, pronto a scatenare la sua furia digitale contro chiunque osi dissentire dalla sua opinione.
Ma chi sono realmente questi leoni da tastiera? Cosa li spinge a riversare la loro bile virtuale su persone che, spesso, neanche conoscono? Le motivazioni possono essere diverse: frustrazione personale, invidia, narcisismo, o semplicemente il gusto sadico di infliggere sofferenza. Ciò che accomuna tutti i leoni da tastiera è la loro codardia, il loro coraggio effimero, e questo fa pensare che spesso si tratti di creature fragili, che non hanno trovato il loro posto nel mondo.
Si ergono a paladini della giustizia virtuale, ma solo perché protetti da uno schermo che li rende invisibili. Nella vita reale, probabilmente, non avrebbero il coraggio di proferire neanche una parola di quelle che scrivono con tanta disinvoltura. La loro forza, effimera come la loro stessa esistenza virtuale, si nutre della frustrazione e dell’insoddisfazione che alberga nelle loro vite offline.(fonte tragicomico. It)
“Chi non ha mai sentito parlare degli haters o dei cosiddetti «leoni da tastiera»! Si tratta di un neologismo, dal chiaro tono dispregiativo, utilizzato per indicare alcuni utenti del web abituati a scrivere e commentare in modo aggressivo, violento e offensivo. Sono persone inclini alle minacce, alle vendette e all’odio, specie quello di classe. Dove si nascondono questi impavidi critici quando si tratta di contrastare, coi fatti e non con i post, un abuso o una illegalità? L’hater non è capace di difendere dei principi, spesso non ha neanche proprie idee, sa solo demolire quelle degli altri. La realtà ci lascia sospettare, alla fine, che gli haters siano solo dei timidi e insicuri personaggi, intimamente frustrati e tuttavia rassicurati dalla intermediazione di una connessione senza cavi. Figli di un dio minore – il web – senza il quale non sarebbero nulla, gli haters si inseriscono in quel filone di persone brave a criticare, molto meno abili invece a proporre soluzioni…
La legge non prevede sconti per chi diffonde l’odio: per gli haters, i rischi legali sono tutt’altro che lievi. E non sarà certo un account anonimo a salvarli. Il codice penale prevede, nei loro confronti, una serie di incriminazioni. I reati di cui comunemente si macchia l’hater vanno dalla diffamazione aggravata alla sostituzione di persona, dalle minacce alle molestie e, per finire, dall’incitamento all’odio razziale allo stalking. Bene che va, l’hater si becca, per il solo fatto di aver scritto un post diffamatorio, dai sei mesi a tre anni di reclusione oppure una multa non inferiore a 516 euro”.
https://www.laleggepertutti.it/281990_haters-rischi-legali
“Il termine Disinhibition effect fa riferimento a quel fenomeno che determina “un allentamento o un totale abbandono delle restrizioni sociali quando comunichiamo con altri individui online.”
Da questa definizione si evince dunque come la Disinhibition effect si riferisca alla trasgressione delle restrizioni sociali, quando ci troviamo a comunicare con gli altri, tramite dispositivi tecnologici.
Questo effetto è stato ampiamente studiato in ambito psicologico: a tal proposito, è stato dimostrato quanto il mondo online porti il soggetto a sentirsi “meno vincolato” da tutta una serie di vincoli sociali imposti e che sono ancora presenti nel mondo offline
psicologinews.it
ONLINE DISINIBITION EFFECT: LA VIOLENZA VERBALE IN RETE
10 Novembre 2021 Blog By Sara Di Nunzio
ONLINE DISINIBITION EFFECT
Il termine Disinhibition effect fa riferimento a quel fenomeno che determina “un allentamento o un totale abbandono delle restrizioni sociali quando comunichiamo con altri individui online.”
Da questa definizione si evince dunque come la Disinhibition effect si riferisca alla trasgressione delle restrizioni sociali, quando ci troviamo a comunicare con gli altri, tramite dispositivi tecnologici.
Questo effetto è stato ampiamente studiato in ambito psicologico: a tal proposito, è stato dimostrato quanto il mondo online porti il soggetto a sentirsi “meno vincolato” da tutta una serie di vincoli sociali imposti e che sono ancora presenti nel mondo offline.
Ma perché ci sentiamo più disinibiti online?
Quando siamo sul web funzioniamo in modo diverso, rispetto a quando siamo offline. I primi studi su cervello e tecnologia mettono in evidenza, oltre all’iperstimolazione della corteccia visiva, uditiva e somato-sensoriale, anche un cambiamento del profilo cognitivo delle persone che usano quotidianamente la tecnologia digitale.
Per esempio, cambiano modi e tempi di lettura degli ipertesti, emerge la tendenza a delegare i processi della propria memoria di lavoro alla tecnologia digitale ecc. e per quanto riguarda l’effetto di disinibizione online, è interessante sottolineare che appare diminuire la capacità di attendere e di mentalizzare le assenze, cioè di rappresentarsele internamente, mentre aumenta la tendenza ad agire compulsivamente, cioè in modo impulsivo, non controllato.
Suler (2004) ha cercato di rispondere alla domanda, individuando sei fattori che, interagendo tra loro, potrebbero spiegare l’effetto della disinibizione online. Oggi, potrebbero sembrare fattori legati a modalità di stare online ormai del tutto o in parte superate, ma questi sei fattori potrebbero conservare alcuni aspetti, che sono centrali nella comunicazione umana e, pertanto, potrebbero ancora contribuire all’effetto di disinibizione quando siamo online.
Anonimato dissociativo. Questo tipo di anonimato è uno dei principali fattori che creano l’effetto di disinibizione. Quando le persone hanno l’opportunità di separare le azioni online dal loro stile di vita e dalla loro identità personale, si sentono meno vulnerabili nel rivelare sé stessi e nell’agire. In un processo di dissociazione, il Sé virtuale diventa un Sé separato. Nel caso di ostilità espressiva o altre azioni devianti, la persona, attraverso il meccanismo del moral disengagement(disimpegno morale), può evitare la responsabilità di quei comportamenti, quasi come se le restrizioni morali del Sè fossero state temporaneamente sospese nella psiche online.
Invisibilità. In molti ambienti virtuali, specialmente quelli che sono basati sulle chat, le persone non possono vedersi tra di loro. Questa invisibilità dà alla gente il coraggio di navigare in siti web e fare cose che altrimenti non farebbero. L’anonimato è l’occultamento dell’identità, che è diverso dal non essere visti. Nella comunicazione tramite email, chat, messaggistica istantanea e blog, la gente può sapere molto delle identità e delle vite degli altri. Tuttavia, non possono vedersi o sentirsi. Anche se l’identità di tutti è nota, l’opportunità di essere fisicamente invisibili amplifica l’effetto della disinibizione.
Asincronicità. Nella posta elettronica, nelle chat e nelle bacheche, la comunicazione è asincrona. Le persone non interagiscono tra loro in tempo reale e il non dover far fronte alla reazione immediata di qualcuno, disinibisce le persone. Alcune possono anche sperimentare la comunicazione asincrona come “fuga” dopo un messaggio personale, emotivo o ostile. Ci si sente sicuri a metterlo “là fuori” dove può essere lasciato da parte.
Immaginazione dissociativa. Consciamente o inconsciamente, gli utenti possono esperire che il proprio Sé virtuale viva in una dimensione fittizia, separata dalle richieste e dalle responsabilità del mondo reale. Essi dividono le attività online dai fatti offline. Emily Finch (2002), autrice e avvocato penalista che studia il furto d’identità nel cyberspazio, ha suggerito che alcune persone vedono la loro vita nel mondo virtuale come una specie di gioco con regole e norme che non si applicano alla vita quotidiana. Le persone, una volta che spengono il computer e tornano alla loro routine, credono di potersi lasciare alle spalle il ‘gioco’ e l’identità virtuale, abbandonando la responsabilità di ciò che accade in un mondo considerato fittizio.
• Benign Disinhibition: le persone possono condividere informazioni personali, come segreti, emozioni, paure, desideri o mettere in atto gesti di gentilezza o generosità esagerati.
• Toxic Disinhibition: il lato opposto di quello che possiamo immaginare come un continuum è rappresentato da comportamenti violenti, aggressivi, minacciosi che difficilmente sarebbero attuati nella vita di tutti i giorni.
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