Fanno molto parlare, in queste ore, le affermazioni di Ignazio La Russa e Isabella Rauti sull’anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano. Non poteva essere diversamente. La Russa è il Presidente del Senato, la seconda carica della Repubblica, mentre Rauti è un membro autorevole del governo.
Quando essi parlano, non lo fanno mai a titolo personale o sull’onda della rievocazione familiare. Quando parlano, impegnano le istituzioni che rappresentano.
Nel caso di La Russa, poi, il tema è ulteriomente acuito dalla caratteristica di imparzialità e terzietà che deve possedere chi presiede una assemblea legislativa nel nostro ordinamento.
La gravità in sè delle affermazioni dei due esponenti, a mio giudizio, non risiede in alcuni aspetti marginali che taluni sollevano, quanto invece nella caratterizzazione storica di attualità e di prospettiva dell’esperienza del Movimento Sociale Italiano.
Il quale, sia detto per sgombrare il campo da infantili letture, era certamente legittimato in un sistema democratico ad esistere. Il MSI è stato un partito votato da milioni di italiani, è entrato in Parlamento, e mai nessuno si è sognato (tantomeno Togliatti!) di metterlo fuori legge. Quindi il punto non è questo, perchè la questione attorno alle frasi di La Russa e Rauti non è nè giuridica nè etica.
La questione è storica e politica. Dice dello ieri e del domani. Bisognerebbe scomodare il don Ferrante di Manzoni, quando ci ammoniva che “la Storia senza la politica è come una guida che cammina senza guardare se indietro qualcuno lo insegue” e che “la politica senza la Storia è come uno che cammina senza una guida”.
Quando La Russa e Rauti sentono il bisogno di tornare alle radici della loro esperienza politica, rivendicando la nascita del Movimento Sociale Italiano, mettono anzitutto tra parentesi l’esperienza di Fiuggi della Destra italiana che aveva fatto evolvere il Movimento Sociale Italiano dentro una prospettiva di partito conservatore mai nato nel nostro paese avendo ben cura -come disse Fini- di uscire dalla casa del padre senza farvi mai più ritorno.
L’esperienza di Fratelli d’Italia, invece, nasce per immaginare che Fiuggi sia stata un errore, culminato poi nella esperienza (da loro stessi definita fallimentare) del Popolo delle Libertà. E che quindi bisogna riscoprire il senso delle radici che non gelano, per dirla con Rauti.
Peccato che dentro il senso di quelle radici che non gelano non c’è quel partito conservatore di massa a cui la Destra italiana ha sempre cercato, inutilmente, di approdare. Ma ci sono i limiti strutturali ed evidenti di una esperienza che ha fatto del revanscismo, del nostalgismo e di una ambiguità diffusa il proprio tratto caratterizzante. Basta rileggersi l’editoriale di Eugenio Occorsio su “Repubblica” di oggi per capire -ad esempio- cosa fu Ordine Nuovo per l’Italia, con le sue attività criminali da un lato e con le sue contiguità con una Italia che non passa mai di moda dall’altro.
E’ dai frutti che saremo riconosciuti. Ecco, l’albero di quella Destra italiana sappiamo dalla Storia che cosa ha prodotto.
E se la seconda carica dello Stato, o un membro del governo, sentono il bisogno di riabbeverarsi a quella fonte, pongono un problema politico di primaria grandezza che non può essere derubricato con le battute, nè confinato nel terreno spesso scivoloso del moralismo.
E in tutto questo, c’è una domanda alla quale Giorgia Meloni non può non rispondere: lei condivide le riflessioni di La Russa e Rauti? Lei pensa che il destino della Destra italiana attuale e di domani, oggi che guida l’Italia, debba essere quello della ricongiunzione tra l’esperienza storica del MSI e quella dei “Conservatori” attuali? E i “Conservatori” europei che guida si sentono gli eredi, i prosecutori e gli incarnatori dell’esperienza del MSI?
Se la risposta è sì, sappia che quella Costituzione su cui ha giurato viene tradita.
Se la risposta è no, lo dica.
Tertium non datur.