UN VIAGGIO FOTOGRAFICO TRA LE RISERVE INDIANE A VILLA GIULIA

UN VIAGGIO FOTOGRAFICO TRA LE RISERVE INDIANE A VILLA GIULIA

“The Red Road Project” – un progetto di Carlotta Cardana e Danielle SeeWalker – è il  viaggio fotografico tra le riserve indiane dei nativi americani del ventunesimo secolo che viene esposto a cura del Museo del Paesaggio presso Villa Giulia dal 9 giugno al 29 settembre.  L’inaugurazione è sabato 8 giugno alle ore 17 alla presenza delle artiste.    La mostra“The Red Road Project”, progetto della fotografa verbanese Carlotta Cardana e dell’artista Lakota Danielle SeeWalker curat0 e prodotto da Fonderia 20.9 di Verona, mette al centro il rapporto tra identità della comunità, cultura e paesaggio, nello specifico con una rilettura del complesso legame odierno dei nativi d’America con la loro terra e la cultura tradizionale. Circa 70 opere, tra immagini d’archivio e fotografie realizzate appositamente per il progetto, esplorano e documentano il rapporto tra la cultura tradizionale dei nativi americani e l’identità delle popolazioni tribali di oggi, in un viaggio tra diversi stati USA.

In concomitanza con l’esposizione fotografica il Museo dedica una retrospettiva a Mario Tozzi, pittore marchigiano (Fossombrone, 1895-Saint-Jean-Du-Gard, 1979) che a Suna, sul Lago Maggiore, ha trascorso gran parte della sua vita, visitabile fino al 29 settembre. Oltre trenta le opere esposte, che raccontano l’evoluzione dello stile dell’artista, a partire dagli anni Dieci del Novecento, fino alle ultime tele geometriche e stilizzate degli anni ’60 e ’70.

Orari di visita e biglietti Mercoledì > Sabato dalle 15 alle 19. Domenica dalle 11 alle 19 Chiuso il lunedì e il martedì.  Biglietto intero 5€, ridotto 3€. Il biglietto consente la visita alla mostra fotografica a Villa Giulia e alle collezioni di pittura e scultura del Museo del Paesaggio.

Pyramid Lake Indian Reservation is home to the Northern Paiute tribe in Northern Nevada. The name is attributed to unusual rock formations on the lake including a large pyramid-shaped formation in the center of the lake that is held sacred to the Paiute. Pictured is a trailer home and wood pyramid structure residing on the reservation.

IL PROGETTO DI RICERCA ARTISTICA SECONDO LE AUTRICI Costituendo appena l’1% della popolazione americana totale, i nativi americani vivono spesso ai margini e la loro voce non viene ascoltata. Hanno subito, e subiscono tuttora, una sorta di segregazione forzata occupando gli ultimi posti della società americana secondo tutti gli indicatori, dal tasso di disoccupazione dell’88 per cento, alla seconda più bassa aspettativa di vita al mondo. Non è azzardato affermare che le riserve indiane siano “isole di Terzo mondo” all’interno della più grande potenza economica mondiale. Tossicodipendenza, alcolismo, abusi sessuali, povertà, criminalità e i più alti tassi di suicidio nel Paese sono solo alcune delle conseguenze di secoli di oppressione e continui tentativi di assimilazione. The Red Road Project (La Strada Rossa) vuole esplorare il rapporto tra la cultura tradizionale dei nativi americani e l’identità delle popolazioni tribali di oggi, attraverso un viaggio in North Dakota, South Dakota, Wyoming, Nevada, Colorado, Arizona, New Mexico, California, Louisiana, North Carolina.

Il titolo di questo progetto si riferisce agli insegnamenti che incoraggiano a seguire “la strada rossa”, ovvero procedere verso un cambiamento positivo nonostante un contesto avverso, ed è per questo ancora più sorprendente lo sforzo dei nativi per migliorare le condizioni delle comunità e riconquistare la propria identità. Il legame con la terra, con la lingua e le tradizioni sono solo alcuni degli strumenti utilizzati per il processo di legittimazione e di miglioramento. La mostra, oltre a guardare alla condizione attuale dei nativi americani, racconta anche alcuni fatti storici come quello delle “boarding schools”, i collegi in cui venivano mandati i bambini indiani, tra la fine del diciottesimo e inizio del diciannovesimo secolo, fino al compimento della maggiore età. Operando in base al motto “uccidi l’indiano, ma salva l’uomo”, queste scuole hanno causato la quasi totale perdita delle tradizioni e della lingua.

Carlotta Cardana (1981,Verbania) è una fotografa che si occupa principalmente di ritratto e documentaristica. Dopo gli studi al DAMS e all’Istituto Italiano di Fotografia, ha lavorato a progetti a Buenos Aires, Città del Messico, Londra, negli Stati Uniti e, ultimamente, in Giappone. I suoi lavori più recenti analizzano l’impatto degli squilibri economici e dell’oppressione sulle comunità. Il suo lavoro fa parte delle collezioni permanenti del Parlamento britannico e della National Portrait Gallery di Londra ed è stato premiato ed esposto all’interno di festival e gallerie in tutta Europa e negli Stati Uniti. Tra gli altri citiamo FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma, Noorderlicht Photofestival, il Month of Photography di Los Angeles, Kolga Tbilisi Photo, ImageSingulières, Sete – e pubblicazioni come The Guardian Weekend, The New York Times T Magazine, De Volkskrant, Marie Claire, L’OBS.

Danielle SeeWalker (1983, North Dakota, USA) è un’artista Hunkpapa Lakota, attivista e madre di due figli. Risiede a Denver, Colorado. È anche l’autrice di The Red Road Project. Danielle SeeWalker è membro della tribù Standing Rock Sioux nel Nord Dakota, dove è nata e cresciuta, e discende dal capo Hunkpapa Lakota, Tȟatȟáŋka Íyotake (Toro Seduto). A causa dello stigma storico spesso associato all’essere nativi americani (in particolare nel Nord Dakota, dove è cresciuta), Danielle da ragazzina si vergognava della sua identità di indiana americana. Questa esperienza ha alimentato la sua passione e dedizione a questo progetto, con la speranza di ispirare i giovani nativi americani e le comunità indigene in generale. Oggi, Danielle studia la cultura dei nativi americani nel 21° secolo e tiene conferenze sull’argomento. Inoltre analizza le questioni storiche e contemporanee relative agli Indiani d’America. Danielle SeeWalker ha una formazione accademica in sociologia, antropologia, psicologia e studi nativi americani presso l’Albright College (BS) e l’Università di Kutztown (MA).

IL MUSEO DEL PAESAGGIO

“In nessuna età come la nostra, inquieta e variabile, si è sentita più profondamente la misteriosa affinità che lega l’anima umana al paesaggio”

La storia del Museo del Paesaggio di Verbania comincia con queste parole di Antonio Massara, fondatore nel 1909 del Museo che, nel 1914, assume la denominazione di Museo del Paesaggio. Il paesaggio del Lago Maggiore e delle valli circostanti è stato profondamente plasmato dall’opera dell’uomo ed è ricco di suggestioni estetiche che suscitano l’ammirazione di quanti vengono da altri paesi. Per secoli via di transito naturale per l’attraversamento delle Alpi, nell’Ottocento il lago entra nei percorsi del turismo internazionale d’élite e nella villeggiatura dell’aristocrazia e della borghesia industriale, mentre, dal punto di vista pittorico, diviene campo di sperimentazione della scuola lombarda di paesaggio. Oggi il Museo del Paesaggio si offre al pubblico con le collezioni di Pittura e Scultura, le quali consentono di conoscere vari aspetti dell’arte e della storia del territorio provinciale oltre che di ricordare il forte legame che si creò tra gli artisti, le famiglie borghesi che passavano sul Lago, i loro soggiorni e questo territorio. Il patrimonio del Museo si colloca tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento e una discreta parte di opere raffigura il paesaggio lacustre e montano del Verbano e delle aree adiacenti. Delle collezioni del Museo del Paesaggio fanno parte – inoltre – pregiati esempi di opere appartenenti ad alcune delle principali correnti artistiche del XIX secolo: la SCAPIGLIATURA di Daniele Ranzoni e del suo primo maestro Luigi Litta, il NATURALISMO lombardo di Achille Tominetti ed altri, o il DIVISIONISMO di Vittore Grubicy De Dragon e Carlo Fornara. Molto nutrita e importante è anche la sezione dedicata alla scultura, con un unicum costituito dai 344 gessi dello scultore impressionista Paolo Troubetzkoy (1866-1938) nato a Intra da padre russo e madre americana, artista internazionale celebre per i suoi soggetti invasi da luci e ombre raccolti in una galleria di personaggi dell’alta società che fece di Suna la sua abitazione-studio. Inoltre, le 53 opere di Arturo Martini (1889-1947) la cui intensa attività artistica così ricca di esposizioni e continue creazioni lo porta a diventare uno dei più importanti scultori italiani del ‘900 e le 19 opere dello scultore cannobiese Giulio Branca (1850-1926), artista che si orienta verso il filone romantico, con attenzione veristica. Accanto a queste importanti collezioni bisogna ricordare anche oltre 1500 lastre fotografiche, 500 stampe e svariati bozzetti e disegni originali dei maggiori artisti rappresentati in museo. www.museodelpaesaggio.it

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