Finalmente, dopo le tante denunce presentate dal Movimento Difesa del Cittadino, la Procura della Repubblica di Treviso si accinge a rinviare a giudizio alcuni degli ex vertici di Veneto Banca. I reati contestati sono l’associazione a delinquere e la truffa a danno degli azionisti commessa nel periodo che va dal 2012 al 2015. Da quanto abbiamo potuto apprendere, pare che la Procura abbia condiviso integralmente l’impostazione delle nostre denunce. Abbiamo infatti sempre sostenuto che i vertici di Veneto Banca abbiano artefatto i dati di bilancio, raffigurando quest’ultima come un istituto virtuoso, capace di ottenere risultati economici di primaria grandezza. Tale artefazione ha consentito il raggiungimento di un duplice risultato: il prezzo delle azioni è stato sopravvalutato rispetto al reale valore patrimoniale della società e, di conseguenza, l’accumulo di liquidità è stato massimizzato. Inoltre, la diffusione di previsioni prospettiche entusiasmanti, seppur prive di qualsivoglia fondamento fattuale, ha condotto i clienti di Veneto Banca a riporre la loro fiducia nell’acquisto di azioni dell’istituto: così si spiega il fatto che molti correntisti abbiano investito gran parte dei loro risparmi in partecipazioni. L’acquisto delle azioni della banca era rappresentato come una sorta di deposito ad alto rendimento, privo di qualsiasi rischio. Sennonché, lo stratagemma illustrato si è dimostrato insufficiente a far fronte all’elevatissimo fabbisogno di liquidità della banca e, di conseguenza, i vertici della stessa hanno deciso di compiere un passo in avanti: Veneto Banca ha iniziato a imporre ai clienti l’acquisto di azioni come condizione necessaria per l’ottenimento di linee di credito e ha offerto finanziamenti a tassi agevolati finalizzati esclusivamente all’acquisto delle azioni. ‘Attendiamo i rinvii a giudizio degli imputati, la fissazione dell’udienza preliminare e l’inizio del procedimento in cui ci costituiremo parte civile per conto di tutti i risparmiatori traditi’, afferma Matteo Moschini del Movimento Difesa del Cittadino. ‘A nostro parere, una grave responsabilità è sicuramente attribuibile a PricewaterhouseCoopers S.p.a. – su cui sappiamo essere aperto un fascicolo d’indagine -, la società che ha rivisto e approvato i bilanci di Veneto Banca nell’ultimo decennio: non si riesce davvero a comprendere come perdite superiori ai due miliardi di euro possano essere passate inosservate. Per giunta, le relazioni di certificazione redatte dalla società di revisione hanno influito in modo diretto sulle intenzioni d’acquisto dei risparmiatori. Come la Procura potrà facilmente appurare, il personale di Veneto Banca utilizzava le certificazioni come leva al fine di rassicurare i propri clienti circa la solidità patrimoniale dell’istituto e, quindi, convincerli all’acquisto delle azioni. L’attestato dei revisori veniva mostrato ai clienti unitamente ad una sintesi dei dati di bilancio e a una tabella che riepilogava la crescita cronologica del valore delle azioni e del numero dei soci. Abbiamo da tempo trasmesso alla Procura le numerose dichiarazioni scritte a noi consegnate da ex dipendenti della Veneto Banca oltre a numerose e-mail inviate dai dirigenti della banca ai consulenti di filiale. Nelle dichiarazioni si legge che “ci era pervenuta una direttiva che ci assegnava l’incarico di raccogliere più soci azionisti possibile perché la Banca aveva problemi di vecchi crediti deteriorati da coprire e, quindi, aveva la necessità di recuperare denaro per rappresentare un patrimonio netto che rientrasse nei parametri di legge. Tutti i miei colleghi erano a conoscenza di ciò e dichiararono anch’essi ai clienti che l’investimento in azioni e/o obbligazioni della Banca erano sicuri e che nel tempo avrebbero ulteriormente aumentato di valore. Per convincere i clienti alla sottoscrizione delle azioni, dalla Direzione c’era stato inviato un grafico rappresentante la crescita passata e le attese per il futuro; inoltre, facevamo vedere i bilanci e le certificazioni della società di revisione PWC. Quando cominciarono le richieste di recesso/vendita della azioni, ricevemmo quali direttive quelle di convincere i clienti a non vendere, garantendo ancora la sicurezza dell’investimento e, nel caso di necessità di denaro, da parte degli azionisti, potevamo fare finanziamenti senza preoccuparci dei parametri di garanzia restitutoria, fondando il rischio sulle azioni poste in pegno da statuto” Vieppiù. Pricewaterhousecoopers S.p.a., inoltre, non si limitava a certificare i bilanci, bensì forniva una consulenza “day by day” alla Banca così da supervisionare la quasi totalità delle operazioni rilevanti da quest’ultima compiute. L’attenta lettura dei bilanci’, conclude Moschini, ‘consente infatti di appurare che – solo per fare alcuni esempi – la società di revisione ha compiuto “attività di verifica su analisi crediti”, “assistenza e supporto nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili e nella finalizzazione del modello di controllo interno” e “relazione sulla congruità del prezzo di emissione di nuove azioni per aumento di capitale riservato all’OPA su Banca Popolare di Intra S.p.a.”
Movimento Difesa del Cittadino