I Carabinieri del NOR e del Nucleo Investigativo di Verbania hanno arrestato, su ordinanza cautelare applicativa degli arresti domiciliari emessa dal Gip su richiesta della locale Procura, un 54enne di Novara, già noto alla giustizia per truffa in concorso aggravata dalla minorata difesa della vittima. Un reato odioso, perpetrato in danno di una 78enne, attraverso la collaudata quanto subdola tecnica dei “finti nipoti e falsi poliziotti”. Un metodo criminale che continua a mietere vittime ed è caratterizzato da una particolare struttura organizzata di gruppi specializzati che approfittano delle diverse normative in materia tra Paesi europei per guadagnarsi l’impunità e ostacolare le indagini. Il modus operandi prevede infatti l’esistenza di un gruppo di “telefonisti” localizzati all’estero che, sfruttando elenchi telefonici di utenze fisse o mobili in uso a persone anziane, contattano le vittime fingendo di essere i loro nipoti o figli. Nella telefonata, in cui si esprimono con toni drammatici proprio per ingenerare uno stato d’ansia e apprensione, i telefonisti “falsi nipoti” simulano di essere rimasti coinvolti in un incidente stradale catastrofico o in altri eventi avversi, e chiedono aiuto agli anziani nonni. A quel punto, e sempre nel corso della stessa telefonata, il telefono passa in mano ad un finto poliziotto o carabiniere e talvolta avvocato, che rappresenta alla vittima la necessità di riparare al danno pagando una somma di denaro. Dopo aver compreso che l’anziano sia caduto nella trappola, dalla “sala dei telefonisti” all’estero, partono contestualmente gli ordini alle batterie di malfattori presenti sul territorio italiano, che hanno il compito di raggiungere la località stabilità con la vittima, per ritirare i soldi o gli oggetti preziosi, ed assicurarsi così il bottino.
Questa volta a subirne le conseguenze è stata una donna residente nel Canton Ticino, ma diversamene da molti casi in cui gli autori rimangono impuniti, in questo caso almeno uno dei responsabili dovrà rispondere davanti la Legge. A fine maggio scorso, la 78enne cittadina elvetica, veniva contattata telefonicamente da una giovane voce femminile presentatasi come “tua nipote”, che le diceva che “il papà”, ovvero il figlio della vittima, aveva provocato un incidente stradale, investendo ed uccidendo un bambino. La conversazione poi proseguiva con una fantomatica poliziotta che, per incuterle un ulteriore stato d’ansia facendo leva sul comprensibile shock della donna, le rappresentava che, per evitare che il figlio finisse in carcere, doveva provvedere a consegnare quanto prima una somma a titolo di risarcimento per l’immaginaria famiglia del bambino deceduto. Rimanendo sempre in contatto telefonico, la vittima raggiungeva da sola in macchina la località stabilita, ovvero il comune di Cannobio, immediatamente successivo al confine tra Svizzera ed Italia, portando con sé un sacchetto di colore rosso contenente tutto l’oro che custodiva in casa, quantificato poi in oltre 1 kg, tra anelli, orecchini e monete d’oro. Nella località lacustre, come dimostrano i filmati acquisiti dalle telecamere di diversi esercizi commerciali, si presentavano due soggetti a bordo di un’auto: un giovane che si spacciava per “il maresciallo” e che prendeva in consegna il sacchetto con il “risarcimento”, e l’autista 54enne, poi identificato e arrestato dai Carabinieri, grazie all’individuazione dell’auto e alla geolocalizzazione del cellulare in suo uso. L’uomo si trova ora ristretto agli arresti domiciliari, in attesa di essere interrogato dal giudice. Ancora molti gli aspetti da chiarire nelle indagini: l’identità del giovane complice e l’intera struttura organizzata che opera all’estero e che continua a tempestare di chiamate le anziane vittime, in tutto il territorio nazionale e nel vicino Canton Ticino. In tal senso potranno essere importanti le dichiarazioni dell’arrestato, qualora intenda collaborare.