Ecco il testo della lettera che Vittorio Origgi, dipendente pubblico in distacco sindacale alla Funzione Pubblica Cgil, ha inviato in via personale e poi resa pubblica al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro della Pubblica Amministrazione Maria Anna Madia:
“Lo Stato tagli i fannulloni”, così nella relazione del Governo sulla presentazione della cosidetta riforma sulla Pubblica Amministrazione.
Partendo dalla prova scientifica che tra i Pubblici Dipendenti si annida un esercito di fannulloni contro i quali le regole della Pubblica Amministrazione nulla
possono, si propone un concentrato di luoghi comuni, eludendo invece i veri nodi del Lavoro Pubblico la cui dimensione, in Italia, è in linea, se non al di sotto della media, sia rispetto al PIL sia rispetto alla media UE.
Occorre certamente combattere gli sprechi affrontando il problema degli appalti per beni e servizi la cui spesa è fuori controllo, quello delle inefficienze organizzative spesso funzionali a limitare l’universalità e l’imparzialità dell’azione delle Amministrazioni Pubbliche, ed il tema assai scomodo degli ingenti costi della politica.
Per un intervento serio sul lavoro pubblico, bisogna invece superare la vergogna delle 140.000 consulenze ed affrontare il problema degli organici distintamente in ogni Amministrazione, agire su questi con la riqualificazione e la mobilità professionale dei dipendenti, superare l’invecchiamento del lavoro causato dai blocchi delle assunzioni con serie politiche occupazionali: ad ogni lavoro stabile deve corrispondere un lavoratore stabile.
In questo quadro si possono stabilizzare, a costo zero, 100.000 tempi determinati di lunga data ed altre migliaia di posti stabili si potranno liberare per i precari che, il Governo dovrebbe mettere al centro per una nuova politica per la crescita di questo paese, per conquistare concretamente, attraverso un percorso di responsabilità e di forme di partecipazione, una efficace riforma delle Pubbliche Amministrazioni.
Mentre nulla si muove di tutto ciò, per rendere praticabili questi obiettivi, si offrono soluzioni pasticciate, generiche e parziali che producono il solo risultato di
disorientare il mondo del Lavoro Pubblico e di confondere, disperdendoli, gli indirizzi a suo tempo condivisi per offrire alle Pubbliche Amministrazioni concrete occasioni di rilancio e di riorganizzazione. Additare al pubblico ludibrio 3 milioni e mezzo di pubblici dipendenti mi pare quanto meno ingeneroso. Mettere in evidenza l’arretratezza tecnologica della Pubblica Amministrazione è come sfondare una porta girevole, ma non credo che ciò possa essere addebitato ai dipendenti di quei servizi. Descrivere i molti problemi dei Comparti del Pubblico Impiego è lodevole, ma non lo è altrettanto far apparire queste questioni come se fossero in relazione al fenomeno dei dipendenti pubblici fannulloni. Invece quelli che fanno il loro dovere sono davvero tanti. In tale quadro, si colpisce invece ancora il Lavoro Pubblico che non può più sopportare oltre questo attacco, che dura oramai da diversi anni, dai tempi dagli interventi previsti dall’ allora Ministro Brunetta. Dopo aver infatti bloccato il diritto al Contratto Nazionale di Lavoro, elevata l’età pensionabile delle donne a 65 anni, ed alla rimessa in discussione della contrattazione integrativa, si è aggiunto il posticipo “punitivo” del Trattamento di Fine Servizio, sancendo inoltre il licenziamento di tutti precari ed il taglio degli organici dei Servizi Pubblici. Per queste ragioni mi pare davvero sbagliato, oltre che fuorviante, affrontare i veri problemi che ci sono nella Pubblica Amministrazione, scaricandone il peso e le colpe, quasi esclusivamente solo sui lavoratori. Uno Stato che funzioni, una Sanità ed un Sistema del Welfare Pubblico che funzioni, Servizi alle persone ed alle Imprese che funzionano, sono gli elementi indispensabili per il sistema Paese e per la sua crescita. Affrontiamo quindi i problemi seri come tali, perché le caricature non servono.