LE FOTO DI MULAS IN MOSTRA A CASA CERETTI

LE FOTO DI MULAS IN MOSTRA A CASA CERETTI

Venerdì 10 settembre alle ore 18 si inaugura la mostra fotografica Naturali inganni con cianotipie di Michele Luigi Mulas, promossa e organizzata dal Museo del Paesaggio negli spazi espositivi di Casa Elide Ceretti in via Roma 42 a Intra (aperta fino al 26 settembre 2021 dal giovedì alla domenica dalle 16 alle 19 con ingresso gratuito). “Naturali Inganni” vuole raccontare la millenaria presenza umana in paesaggi dove sembra non esservene traccia, dove la categoria del “naturale” si fonde con l’immanente realtà, un poco catastrofista ma utile come ammonimento, dell’Antropocene. L’artista espone cianotipie delle sue fotografie, opere molto suggestive e uniche. Nei giorni 24-25-26 settembre l’artista sarà presente a Casa Ceretti per condurre dei laboratori di cianotipia, tecnica di stampa con la luce. Per info orari, costi e prenotazioni scrivere a: prenotazioni@museodelpaesaggio.it (posti limitati).

MICHELE LUIGI MULAS   E’ un fotografo e giornalista ligure che da sempre lavora per l’editoria. Ha una formazione da antropologo e per questo ha alternato la scrittura di documentari alla realizzazione di storie per immagini. Ha iniziato a stampare le sue fotografie in cianotipia quasi per gioco. Poi la tecnica, bizzarra e irrequieta, gli ha preso la mano.

LA CIANOTIPIA   La Cianotipia (Cyanotype) è una antica tecnica di stampa a contatto, mediante raggi UV, che richiede un negativo della stessa dimensione dell’immagine finale ed è caratterizzata dal tipico colore Blu di Prussia (da qui il nome che deriva dal greco antico kyanos, “blu”). Questa tecnica è stata sviluppata dal fotografo e chimico inglese, John Herschel tra il 1839 e il 1842, a pochi anni dal varo della fotografia da parte di William Fox Talbot in Gran Bretagna e Louis Daguerre in Francia. Chiamata anche “blueprint”, per il colore blu profondo che la caratterizza, la cianotipia deve la sua popolarità alla semplicità e all’economicità del suo procedimento. Mentre i sistemi ideati da Talbot e Daguerre sfruttano la fotosensibilità dei sali d’argento, il processo messo a punto da Herschel si basa su alcuni sali di ferro, precisamente il Ferro Ammonio Citrato (verde) ed il Potassio Ferricianuro (prussiano rosso) Questi due sali, una volta mescolati assieme, sono molto sensibili e reagiscono di fronte alla luce di tipo solare. Frapponendo un negativo tra la luce ultravioletta e un foglio di carta su cui è stata applicata la soluzione ai sali ferrici, si nascondono alcune parti e si produce un’immagine fotografica.

LA MOSTRA    Da dove nasce l’idea di questa ricerca?   Ho iniziato questa ricerca dopo che una Signora me ne ha offerto, senza volerlo, il tarlo. Eravamo davanti ad una mia fotografia. “Com’è naturale!” mi disse. Stavamo guardando una stampa della Serie Querceta. Il soggetto è una porzione di foresta desiderata, pensata, voluta e fatta impiantare da un gruppo di monache in Irlanda. Il capo giardiniere di Lissadel Abbey, così si chiama il sito, pacciamando con le alghe un elegantissimo campo di cavoli, mi ha raccontato di ricordare le piante piccole. Una foresta inventata e tutt’altro che naturale, quindi. E anche relativamente recente. Ma alla Signora pareva l’opposto: una foresta assolutamente naturale e più foresta di ogni foresta, con i rami intricati e contorti, impenetrabili e minacciosi. Ho iniziato quindi a scavare nella memoria del mio archivio e poi a ricercare situazioni che potessero raccontare qualcosa di questo immaginifico “naturale”, che poi non lo è e a fotografarle come paradossi di una realtà che si mostra in un modo, ma è -anche- l’esatto contrario. Non è stato poi tanto difficile: ogni paesaggio che abbiamo sotto gli occhi è fortemente antropizzato, anche se può non sembrarlo. Se ho fatto questa ricerca è anche per documentare luoghi- tutt’altro che naturali- sulla strada dell’imbarbarimento museale.    Perché le stampe in ciano?   Forse è un vezzo, ma che francamente mi piace. Mi diverte. La tecnica è bizzarra, non perché possa stupire, ma perché è quasi ingestibile. Ed è il suo bello. Non è come il bianco e nero, dove la scienza chimica è esatta e richiede quindi fotografi dalle macchine immacolate e stampatori ordinati… Sai che se fai così ottieni matematicamente un effetto voluto. Ecco, con le stampe in cianotipia no. Scalciano ogni volta. E mi diverte stare a vedere cosa ne verrà fuori dopo ogni risciacquo. Forse un racconto più lieve di quello pensato; forse più drammatico di quello voluto. Poi uso una macchina digitale. In pratica le immagini che scatto sono numeri. Possono quindi diventare qualsiasi cosa, anche un bianco e nero, ad esempio. Ma non mi attrae farlo. Come penso possa essere quasi immorale (la faccio grossa…) stampare un bel negativo b/n in ciano, dopo il lavorio di quasi due secoli di chimica che ha portato alla perfezione (da ordinati) quella tecnica di racconto. Poi sono, appunto, disordinato. E mi ci metto anch’io, divertendomi con i miei errori, qualche volta arrabbiandomi, nelle infinite variabili che concorrono alla bizzarria della stampa in ciano. Alla fine comunque, se alla Signora vien voglia di mettersene una a casa perché,  “naturale” o no, le piace, io sono felice. Dopotutto è il mio lavoro.

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