SANITA’ E OSPEDALI, UN PO’ DI STORIA ….

SANITA’ E OSPEDALI, UN PO’ DI STORIA ….
In occasione del convegno pubblico sul futuro della sanità pubblica nel Vco organizzato dal Partito Democratico il 3 febbraio scorso a Palazzo Flaim,  Bruno Lo Duca del Comitato Salute Vco ha presentato una ricostruzione delle vicende che negli ultimi 20 anni hanno contrassegnato il comparto sanitario in provincia.  Pubblichiamo il suo intervento contenente, assieme ai fatti, valutazioni sulle quali naturalmente il dibattito resta sempre aperto:

Per non tornare indietro con la mente alla notte dei tempi preferisco datare l’inizio di questa triste telenovela sanitaria al 1999, quando al Collegio S. Maria la Federazione Italiana Medici di famiglia sollecita tutti a sviluppare una medicina territoriale, integrata con i servizi socioassistenziali al fine di ottimizzare le cure verso i pazienti e di ridurre l’impatto sugli
ospedali.

Nella stessa sede sabato 19 gennaio 2002 ci viene data in pasto l’idea di un ospedale unico nel VCO, sulla base di un progetto nazionale tra il ministro Umberto Veronesi e l’architetto Renzo Piano, ma poi l’assessore regionale alla sanità dubita che i fondi statali ci siano davvero. Sullo sfondo la questione (già annosa allora) di come coniugare la specificità montana del nostro territorio con i servizi sociosanitari. Infine a luglio un progetto dell’Agenzia regionale per l’edilizia sanitaria vede i sindaci del VCO decidere di collocare il nuovo unico ospedale nell’area decisamente decentrata di Piedimulera e accettare l’idea di vendere al più presto il S. Biagio e di privatizzare il Castelli (si parla di un ingresso dell’Auxologico).
Il tutto impatta su almeno 3 punti critici:   1) un tempo troppo lungo perso a discutere di un’ipotesi poco concreta, poco ragionata, molto politica, mai chiaramente finanziata e comunque lontana negli anni;  2) un rifiuto massiccio da parte dei nostri concittadini a vedere sparire gli unici punti di riferimento certo in una realtà geograficamente complessa come il VCO; 3) nessun progetto per una rete efficace di servizi ambulatoriali, territoriali e domiciliari, che effettivamente riduca la necessità di ricorrere al “mitico ospedale”, mentre proprio la bozza di Piano sanitario regionale prevede esattamente questo percorso per avvicinare i servizi ai cittadini.

Contrasti, divisioni e non condivisioni, nascita di comitati di cittadini e manifestazioni popolari, successivi referendum comunali affossano il progetto. E così, in attesa di tempi migliori, si punta su una razionalizzazione dei servizi che non lascia contento nessuno. La speranza diffusa tra i cittadini in sintesi è: non una poco probabile sanità eccelsa con strutture modernissime e tecnologicamente molto avanzate, ma servizi resi che corrispondano correttamente e totalmente alla funzione per la quale sono stati creati. Perché la mobilità passiva è fortemente concentrata sulle attività sanitarie già presenti nella nostra provincia.

A gennaio 2003 i Comitati verbanesi propongono una gestione di tipo dipartimentale per il Castelli e il S. Biagio, che “consenta in ogni ospedale esistente di gestire con maggiore elasticità i posti letto disponibili, distribuendo più correttamente i carichi di lavoro del personale e offrendo agli operatori medici e paramedici l’opportunità di crescere professionalmente”.
A giugno 2005 nuove elezioni regionali, una diversa maggioranza, un nuovo assessore alla sanità. A dicembre un referendum consultivo provinciale boccia l’ospedale unico e la Regione ne blocca l’iter, ma qualche incomprensione permane.
A maggio 2006 arriva un nuovo direttore generale dell’Asl, che adotterà una organizzazione dipartimentale simile a quella proposta dai Comitati verbanesi, alla quale poi darà un nome piuttosto colorito “Ospedale unico plurisede”. Tutto a posto allora? Assolutamente no, il problema è “sempre caldo”, discussioni e contrarietà continuano, ma la tensione cala e i rapporti con la direzione si intensificano. Un miraggio? Le Case della salute, che pure erano nel programma affidato al nuovo direttore. Avanti per anni, ma i passi sono troppo lenti!

A Verbania, intanto, i 3 Comitati cittadini si fondono nel Comitato salute VCO e chiedono che si realizzi un forte Distretto nel Cusio, anche per impedire la fuga dei cittadini del Basso Cusio verso Borgomanero e per stabilizzare così i confini dell’Asl 14 e il suo bilancio. Si istituisce in Provincia un tavolo di lavoro sulla sanità con la Direzione generale, i Comitati spontanei e il
Tribunale per i diritti del malato. Un problema sempre aperto? Assumere sì, no, quanto e così continua la lotta sul personale che manca e oggi ne paghiamo il conto.

Nell’estate 2008 si registra il “primo fondamentale intoppo”: il direttore aveva garantito la ristrutturazione al Castelli dei reparti chirurgici, che invece viene iniziata al S. Biagio e gli effetti li vedremo presto a Verbania. E il COQ di Omegna, in sostituzione dell’ospedale generalista, sarà davvero un Centro specialistico di quadrante? La domanda non è retorica, perché la materia non pare essere governata giustamente. Apre Radioterapia al Castelli e parte la Risonanza magnetica al S. Biagio. Si costituisce la Conferenza di partecipazione dell’Asl con le associazioni di volontariato, su spinta dell’assessore regionale. Nel 2009 Oncologia medica viene rilanciata a Verbania e a fine anno si apre un Hospice al S.Rocco.

2010-2014: una ben strana parentesi! Cambia nuovamente la maggioranza in Regione e la nuova Giunta stravolge il Piano sociosanitario in corso, separando la sanità dal socioassistenziale e tentando di scorporare gli ospedali dalle Asl. Il progetto del nuovo Piano sanitario piemontese non ha buona fortuna e si finirà in Piano di rientro con assunzioni dimezzate rispetto alle necessità. Si fanno le nozze con i fichi secchi!! Assicurazioni per il VCO contrarie ai progetti dichiarati. Ricomincia la sarabanda: niente fondi extra promessi per l’edilizia sanitaria e 300 anziani in attesa di ricovero nelle Rsa. Cambia nuovamente il direttore generale dell’Asl. Di nuovo i privati al Castelli? Forse. Promessi mantenimento dei 2 Dea ed Emodinamica nel VCO; quando questa arriverà, Domodossola sarà pronta ad ospitarla, grazie alle nuove sale operatorie (non realizzate invece a Verbania). La scelta, dichiarata temporanea, si rivelerà permanente (come era del tutto ovvio). E il nuovo sindaco di Verbania d’improvviso capisce “Tutto andrà a Domo” (Il VCO – 10 settembre 2011), ma è troppo tardi. Il Punto nascite del S. Biagio diventa un elastico che tutti tirano, ma resisterà e ancora resiste per la paura di perdere il consenso degli elettori. Eppure diventerà una manna per molti pediatri “privati”. Dopo un solo anno di gestione il direttore generale si dimette e va a lavorare in Mozambico. Una nuova idea di piano sanitario regionale non avrà migliore fortuna della precedente. Nella primavera 2013 il sindaco di Verbania si dimette e arriva il Commissario: la paralisi è completa!
Un anno dopo nuove elezioni regionali, nuovo cambio di maggioranza e niente di nuovo sotto il sole in 4 anni, siamo sempre di più sotto organico e siamo pure finiti in piano di rientro. Il nuovo assessore alla sanità non trova di meglio che riattizzare il fuoco sotto le ceneri con il suo “Scegliete quale dei 2 Dea volete mantenere”. E la specificità montana? Si stoppa il quesito
per un anno.

A maggio 2015 nuovo direttore generale dell’Asl, deciso a voler vedere l’ospedale unico. A giugno aprono le tanto sospirate 5 nuove sale chirurgiche al Castelli (ma, a questo punto, a chi serviranno? Forse ai privati?). Poi si inizia a lavorare a un progetto per la medicina territoriale; Cannobio docet! E i sindaci del Verbano, spesso divisi, si ricompattano su questo progetto. A ottobre Presidente della Regione, Assessore al bilancio e Assessore alla sanità, accantonata la scelta sui 2 Dea, propongono un nuovo ospedale unico nel VCO e i sindaci si trovano d’accordo. Un mese dopo decidono di costruirlo a Ornavasso e la Regione delibera prontamente. Eppure, malgrado il rispetto dei tempi delle procedure, qualcosa si mette di
traverso: il sindaco di Domodossola prima dichiara di non voler rispettare l’accordo sottoscritto dal suo predecessore e poi si appella al Tar per fermare il progetto di Ornavasso e altrettanto fanno due società concorrenti alla gara. Il Tar impiega un’eternità per prendere una decisione e, nell’attesa, la Regione non trova il coraggio di procedere comunque.

Procede, invece, il progetto per le Case della salute, ma – di fatto – prende forma soltanto a Omegna, mentre a Verbania parte monco e, con l’arrivo della nuova e diversa maggioranza in Regione, non si realizza neppure il suo promesso trasferimento all’interno del Castelli. A ben poco serve quindi averlo avviato.

Il resto non è più storia, è ancora cronaca: a fine 2019 la nuova Regione boccia l’ospedale unico, propone un nuovo ospedale in Ossola e la riduzione del Castelli, riesce di nuovo a dividere il territorio e le forze politiche, ma alla fin della fiera non fa ASSOLUTAMENTE NULLA per 3 anni e mezzo. Anche il sindaco di Domodossola capisce di essere stato preso in giro, ma
tant’è. Tante idee diverse, nessuna realizzazione, neppure nel resto del Piemonte. Di fatto è TUTTO BLOCCATO. La pandemia è stata la scusa buona per stare fermi; così la sanità pubblica rischia il collasso, mentre la sanità privata va davvero a nozze!
Se qualcuno non ha ancora capito che a poco più di un anno dalle elezioni regionali non si potrà e non si vorrà fare proprio niente di costruttivo e di utile, ci dispiace ma non è colpa nostra, perché l’hanno capito quasi tutti. La Regione tergiversa sempre e ci dà in pasto tante idee diverse così che nessuna si possa realizzare.

Oggi non resta che insistere per una vera medicina territoriale; malgrado le difficoltà esistenti, è l’unica chance per il VCO e guai se la perdesse. Questo è ciò che ha capito anche la Rappresentanza dei sindaci e ci auguriamo che davvero questa volta punti i piedi con tutta la forza necessaria. Sì, lo sappiamo, ci sarebbe da vergognarsi!!!! Tutto è spesso difficile in questo Paese, ma il ricambio continuo delle maggioranze e degli incarichi ha sempre e solo portato a sconvolgere quello che si era costruito od ipotizzato prima e ora i tanti soldi promessi in pandemia per ricostruire una sanità pubblica all’onor del mondo paiono ridursi ogni giorno, con buona pace di chi ci sperava. La corsa verso la sanità privata è ripresa, mentre non si pensa affatto a regolare in modo più logico e proficuo il rapporto tra lo Stato e le Regioni.

 

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