A PREMENO PANCHINA ROSSA NEL RICORDO DI NORMA COSSETTO

A PREMENO PANCHINA ROSSA NEL RICORDO DI NORMA COSSETTO

Cerimonia molto partecipata quella che  il Comitato 10 Febbraio di Verbania ha organizzato domenica 27 novembre nel parco di Villa Bernocchi a Premeno. Alla presenza del sindaco Umberto Marroni, del vice della provincia Rino Porini,  di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo degli Alpini, delegazione della Croce Rossa, Pro loco e numerosi cittadini, si è inaugurata la panchina rossa in ricordo dell’estremo sacrificio di Norma Cossetto, che le valse nel 2005 la Medaglia d’oro al merito civile da parte del presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Due sono le targhe commemorative sulla panchina: un a in ricordo di Norma Cossetto con la citazione di Isac Asimov “La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”,  l’altra in memoria di tutte le donne vittime di violenze “La violenza non è mai Amore”.  Il rito del taglio del nastro ha visto protagoniste una bambina ed un’anziana signora, a simboleggiare l’ideale passaggio generazionale affinchè i giovani non debbano più vivere ciò che è stato patito nel passato ed operino in modo tale da promuovere il profondo rispetto nei confronti delle donne ed, in generale, verso il genere umano tutto. Piena soddisfazione viene espressa dal Comitato 10 Febbraio, promotore della campagna “Un ricordo per Norma” alla quale ha ormai aderito gran parte dei Comuni del Verbano e che presto approderà anche in Ossola.

  1. Carlo Cesare Montani - Esule da Fiume 6 Febbraio 2023, 15:34

    Norma Cossetto, Medaglia d’Oro al Merito Civile per l’eroico comportamento assunto nel 1943 davanti ai partigiani assassini, unitamente al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, che con encomiabile “motu proprio” l’avrebbe conferita, dopo un sessantennio, alla sorella Licia, sono accomunati in un duplice trattamento ai limiti dell’offesa, in ogni caso paradossale.
    L’assunto trova motivazioni certamente non effimere nella prassi, recentemente diffusa a macchia d’olio per iniziativa di parecchi Comuni, e di qualche loro corifeo, di “onorare” una Martire purissima come Norma, attraverso l’installazione nei giardini pubblici della cosiddetta “panchina-ricordo” (con varianti cromatiche comprese fra il rosso acceso e un tricolore presuntivamente ma non necessariamente patriottico).
    In effetti, si tratta di una prassi tanto innovatrice quanto opinabile, se si pensa che, prima della surreale
    proliferazione panchinara, erano stati almeno duecento i Comuni italiani che, con viva sensibilità patriottica, avevano onorato Norma Cossetto con l’intitolazione di un luogo pubblico destinato a perpetuarne la memoria storica: in genere, con riferimento alle toponomastiche cittadine, ma senza escludere riferimenti ad anfiteatri, aule, biblioteche, sale istituzionali, scuole.
    Ciò posto, l’iniziativa delle “panchine-ricordo” (per non dire di quella delle cosiddette “rose-ricordo” che le ha prontamente affiancate – anche alla luce del costo minimale di siffatte “commemorazioni” o presunte tali) ha finito per soppiantare la prassi consuetudinaria già in atto, in guisa talmente ripetitiva da indurre la presunzione di una volontà politica innovatrice “in pejus”.
    Queste considerazioni sono oggettivamente fondate, a prescindere dalla loro prioritaria rilevanza etica, persino nell’etimo. Non a caso, la panchina, diminutivo di panca, è definita dal Vocabolario Treccani (Milano 2003) quale “sedile fisso – spesso posto in luoghi pubblici”, senza dire del significato figurativo assunto nel gergo sportivo quale “postazione riservata all’allenatore di una squadra, e ai giocatori di riserva” (donde l’espressione “restare in panchina” riferita a chi non gioca). Fuor di metafora, la “piccola panca” è un oggetto con funzioni strumentali, e non certo con quelle di esprimere significati eletti, né tanto meno valori patriottici.
    Ebbene, il fatto che le panchine possano essere considerate omaggio “alla memoria” in un caso di sublime sacrificio come quello di Norma Cossetto (maturato dopo il nobile rifiuto alla proposta di passare dalla parte degli assassini) unisce alla sorpresa il rammarico per l’iterazione di tali iniziative, e l’invito a considerarne gli aspetti oggettivamente offensivi, come specificato in premessa (e tanto più strumentali alla luce di colori diversi che sembrano evocare inqualificabili strumentalizzazioni politiche di varia estrazione, destroide o sinistrorsa che siano).
    Nel nuovo millennio, esistono problemi certamente maggiori, in Italia come altrove. Eppure, come fu detto con indubbia lungimiranza da qualche patriota del Risorgimento, oggi dimenticato all’insegna di un impegno per il futuro che peraltro non può prescindere dai valori del passato, “chi ha cura del poco, a più forte ragione avrà cura del molto”. Quindi, si onorino come si deve tutti i Martiri vecchi e nuovi, compresi quelli delle Foibe, o meglio dell’Italianità, e lo si faccia, di grazia, prescindendo da sostanziali dissacrazioni che nella migliore delle ipotesi assumono connotati tutt’altro che funzionali allo scopo, e palesi concessioni al grottesco; e che, nella peggiore, non escludono il tradimento.
    Onore a Norma Cossetto e al Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi che volle conferire alla memoria della Martire istriana la Medaglia d’Oro al Merito, aggiunta alla laurea “honoris causa” già concessa dall’Università di Padova, orsono tre quarti di secolo.
    Oh gran bontà de’ Cavallieri antiqui!

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