Mani che tagliano, incollano, sistemano, spostano, lavorano insieme a un sogno concreto che si è fatto vivo, un giorno dopo l’altro: è questa l’immagine che resterà nelle menti e nei cuori di quanti hanno partecipato alla realizzazione del presepe “Luce di redenzione” esposto tra i 120 provenienti da tutto il mondo, nella mostra 10o0 Presepi in Vaticano che resterà aperta fino al 7 gennaio prossimo. “È stata una sfida che siamo riusciti a vincere insieme: detenuti, agenti e volontari, racconta a Vatican News don Riccardo Zaninetti, cappellano della scuola di polizia penitenziaria di Verbania che queste mani le ha guidate, un giorno dopo l’altro: “Ho raccolto un’intenzione della direzione della scuola di polizia penitenziaria e della direzione dell’istituto di pena – spiega – poi ho coinvolto la mia parrocchia di San Leonardo in Verbania Pallanza, nel cui oratorio è stato allestito il laboratorio e dove si sono aggiunti agli agenti e ai detenuti impegnati nel progetto, anche molti volontari”.
Nessuno dei detenuti, almeno nella memoria di don Riccardo, aveva mai fatto un presepe prima in vita sua: “All’interno della casa circondariale negli anni scorsi lo facevano gli agenti – racconta – ma stavolta è stata un’altra cosa: c’è stata condivisione, unione tra persone con vissuti e ruoli diversi”. L’opera è visibile a 360 gradi: la Natività è posta in alto ed è lì che si dirige lo sguardo dello spettatore: “La culla del Salvatore deve essere in alto e al centro – spiega don Riccardo – perché guardando in alto si può camminare nella luce del Signore che illumina i nostri cuori ed è il centro della vita, motivo di redenzione, di speranza e di salvezza”. Per arrivare alla Sacra Famiglia ci sono due scale che si uniscono “a simboleggiare che chiunque, da qualsiasi condizione della propria vita, può arrivare a Gesù”. Le figure, infine, sono volutamente senza volto, in modo che “ognuno possa identificarsi con qualunque personaggio desideri”.
Roberta Barbi – Città del Vaticano Articolo e foto da VATICAN news