UN COMUNICATO DEI SINDACATI SUI FRONTALIERI

UN COMUNICATO DEI SINDACATI SUI FRONTALIERI

Nel convegno dal titolo “Le frontiere delle opportunità: verso lo statuto dei frontalieri” si sono riuniti tutti i Consigli Sindacali Interregionali (in Italia sono 11) dando rappresentanza agli oltre 120.000 frontalieri che entrano ed escono quotidianamente nel nostro Paese, tra cui gli 8.000 residenti nel Vco. A tale riguardo hanno diffuso il seguente comunicato congiunto Gigi Bacchetta CGIL, Romina Baccaglio CISL,  Raimondo Pancrazio UIL:

Il documento conclusivo ha prodotto richieste al Governo Italiano relativamente a:
• istituzione di un Osservatorio Nazionale sul frontalierato
• riconoscimento della figura del frontaliere all’interno delle convenzioni fiscali,
• sottoscrizione dell’accordo quadro europeo sul frontalierato,
• correzione dell’attuale disciplina dell’assegno unico riconoscendone il pieno diritto alla percezione ai
frontalieri residenti in Italia,
• armonizzazione delle prestazioni fiscali e previdenziali,
• capitalizzazione del lavoro avviato con ANPAL ed EURES sulla rimozione degli ostacoli alla mobilità
internazionale
• rilancio della nuova programmazione INTERREG 21-27
• stralcio dell’art. 50 della legge di bilancio che prevede il prelievo dai frontalieri svizzeri dal 3% al 6%
del salario netto.
Proprio quest’ultimo punto è stato richiamato anche all’interno di un ODG dal titolo “stralciare la nuova e contraddittoria norma della prossima legge di bilancio sui salari netti ai fini del diritto alla sanità universale delle lavoratrici e lavoratori frontalieri in Svizzera”.
All’interno del testo troviamo come “mentre da un lato con la legge di recepimento dell’accordo salvaguardiamo la tassazione esclusiva in Svizzera ai ‘vecchi frontalieri’ continuando l’Italia ad incassare il 40% delle loro tasse, dall’altro il Governo chiede loro di versare il 3%-6% della retribuzione netta per avere l’assistenza sanitaria che hanno già pagato”.
Il documento prosegue: “Visto che finalmente ci siamo conquistati una sede di confronto per discutere il trattamento dei frontalieri, ci saremmo aspettati di discutere in quella sede questa improvvisa richiesta del Governo, tutt’altro che coerente con quanto condiviso sin qui”.
Riteniamo che il fragile radicamento della sanità nel nostro territorio non possa essere semplicisticamente ricondotto a un divario salariale che, in ogni caso, non verrebbe sufficientemente colmato con questo intervento.
Inappropriata risulta inoltre la scelta di destinare risorse alla sanità dei territori di frontiera adottando un nuovo strumento impositivo, creato ad hoc e vincolato a una sola categoria di contribuenti che pagherebbero mediamente 3.000 € in più a testa all’anno a seconda del reddito ma, soprattutto, a seconda della discrezionalità di scelta in capo alle regioni che hanno facoltà di operare in modo disomogeneo creando inopportune disuguaglianze.
Occorre prioritariamente concentrarsi sulla strategia di sviluppo della sanità nei territori di frontiera – con una visione interregionale – in particolare nel VCO, superando il decennale dualismo campanilista che caratterizza la nostra provincia, investendo nella qualità del lavoro, delle strutture e nella strategia di un loro radicamento all’interno di una prospettiva di sanità territoriale in grado di garantire capillarità ma, soprattutto, qualità.
Le risorse per rilanciare la prospettiva della sanità nel VCO devono essere slegate da un collegamento diretto con una sola categoria di lavoratori che non possono vedersi scaricare improvvisamente sulle proprie spalle i costi del tentativo di rimedio ad una criticità di sistema che permane da decenni. Semmai, va aperta una discussione dentro la contrattazione collettiva delle aree di frontiera ed il fondo sanitario nazionale da cui devono essere recepite le risorse, abbandonando formule improbabili di zone economiche speciali.

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